Emergenza Covid, ecco come curarsi in casa quando si è positivi al virus

In caso di positività al Covid-19, se non si hanno sintomi gravi ed è possibile rimanere in casa, è bene seguire alcune accortezze. Ecco quali sono i medicinali consigliati, cosa mangiare e come convivere con i famigliari senza rischio di contagio.

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foto di repertorio – via web

Scoprire di essere positivi al Covid-19, soprattutto quando si è asitomatici, può essere destabilizzante. Oltre a non farsi prendere dal panico, però, rimane strettamente necessario non andare nei pronto soccorso, se non si ha una sintomatologia tale da richiedere il ricovero in ospedale. Gli eventuali sintomi, così come lo stato generale di salute, chiaramente, vanno monitorati: fondamentale, però, è affidarsi al proprio medico curante – spiega Francesco Landi, docente di medicina interna all’Università Cattolica e responsabile del Day Hospital post-Covid al Policlinico Gemelli, ai giornalisti de La Repubblica.

Monitorare i sintomi e areare gli ambienti

Nella maggioranza dei casi in cui si assiste a un Covid-positivo domiciliato, non è necessaria alcun tipo di terapia. Del resto, sono moltissime le persone asintomatiche  paucisintomatiche, e cioè con sintomi talmente lievi da non richiedere alcuna prescrizione. Tuttavia, è utile e importante monitorare regolarmente il proprio stato di salute, così come i propri sintomi (anche se lievi), per scongiurare ogni tipo di aggravamento.

In questo senso, può essere utile avere in casa un saturimetro. Questo strumento permette infatti di controllare periodicamente l’ossigenazione del sangue, che andrebbe osservata mattina e sera. “La saturazione normale è da 97 in su. Il livello di guardia si ha quando la saturazione inizia a scendere, a riposo, al di sotto di 92: questa diventa una una situazione che va attenzionata. Così come bisogna prestare attenzione se una saturazione normale si abbassa dopo un leggero sforzo, come alzarsi e sedersi di continuo, per un minuto, sulla sedia. Il dato della saturazione va considerato insieme ai sintomi respiratori, all’età del soggetto e alla presenza di eventuali altre patologie: a quel punto il medico curante può raccomandare il ricorso al pronto soccorso”, spiega il docente Landi per La Repubblica.

Oltre a questo, comunque, è importante seguire alcune accortezze. Dato che il Covid-19 è una malattia infettiva, è bene areare gli ambienti. In particolare, se si vive in casa con più persone lo scarso ricambio d’aria può favorire l’infezione di altri. “Quindi laddove possibile, oltre all’uso della mascherina, è necessario che il positivo sia completamente separato dalla vita dei conviventi. E che sia il solo ad utilizzare gli oggetti che tocca – spiega Carlo Perno, direttore di microbiologia presso l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù e professore di virologia all’Università di Roma Tor Vergata.

In tal senso, Paola Gnerre (dirigente di medicina interna all’ospedale San Polo di Savona)
spiega che “quando dimettiamo un paziente positivo, che deve quindi poi rimanere a casa fino alla negatività del tampone, chiediamo sempre che abbia in casa una stanza personale e un bagno dedicato. E che rimanga nella sua stanza, concedendosi al massimo il percorso ‘stanza-bagno’. Qualora la stanza da bagno sia condivisa con i conviventi, bisogna disinfettarla regolarmente con candeggina o amuchina, tenere l’ambiente molto areato e i conviventi non dovrebbero recarvisi prima di un’ora o un’ora e mezza dopo la persona positiva al Covid”.

Come curarsi a casa: quali medicinali?

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foto di repertorio – via web

Molto chiacchierato, poi, il tema medicinali. Ciò che molti italiani si domandano, infatti, è che farmaco assumere in caso di riscontrata positività al Covid-19 e nel caso in cui i sintomi sono lievi e di poca intensità. Ebbene, come ricorda ancora il quotidiano, di recente è stata emanata una bozza di protocollo con delle regole su come effettuare il trattamento, in condizioni di salute non gravi, per la persona che sta a casa. Bozza, questa, che è stata tra l’altro approvata dalla Commissione nazionale coordinata dall’infettivologo Matteo Bassetti.

Al centro delle “cure casalingue”, però, il “punto principale della recente polemica è l’uso del cortisone“, sottolinea Carlo Perno, direttore di microbiologia presso l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù e professore di virologia all’Università di Roma Tor Vergata. L’esperto ricorda, in effetti, come l’uso del “cortisone a casa, dove non dovrebbero esserci forme gravi – in quanto le forme gravi si curano in ospedale – può favorire la replicazione del virus. Quindi c’è una logica nelle indicazioni governative, anche a livello regionale, nel non usare il cortisone a casa. Perché se si deve usare il cortisone significa che siamo nel caso di una patologia grave, e allora il paziente deve essere in ospedale“. In alternativa, spiega invece Fiorenzo Corti, medico e vicesegretario Fimmg, potrebbe essere usato il cortisonico desametasone, che tuttavia va sempre prescritto dal medico curante.


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Discorso simile, inoltre, si ripropone anche per quanto riguarda l’uso degli antibiotici – altro medicinale largamente e incautamente usato dai pazienti. In questo caso, però, “premesso che il Covid è una malattia virale e quindi non trae giovamento dall’uso dell’antibiotico, nel momento in cui il paziente è un bronchitico cronico e ha un espettorato verdastro, è buona cosa che il medico di famiglia, conoscendolo, possa somministrare un antibiotico a largo spettro. Per vedere perlomeno di impedire che si sviluppi un’infezione batterica aggiuntiva” – spiega Fabrizio Corti.

Del tutto sconsigliato dal protocollo, invece, è l’uso di antireumatici, anche loro protagonisti di un “argomento controverso“. “L’evoluzione della malattia interessa anche la parte immunitaria, e gli antireumatici in genere sono farmaci che dovrebbero controllare l’infiammazione. Io personalmente ritengo che un blando effetto antinfiammatorio in casa attraverso farmaci antinfiammatori non steroidei – quindi non il cortisone – rappresenti una ragionevole prospettiva di trattamento”, ha spiegato Corti sempre ai giornalisti de La Repubblica.

Via libera, invece, al paracetamolo. E anzi, data la complessità della malattia, Corti spiega che “è consigliabile prendere il farmaco anche al di sopra dei 37.5“. La febbre, infatti, potrebbe “essere dovuta a una reazione infiammatoria pesantissima”. Chiaramente, spiega ancora l’esperto, in situazioni normali – e cioè in caso di semplice influenza – “sarebbe opportuno prendere il paracetamolo solo sopra i 38 gradi di febbre”.


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Diverso, invece, il discorso che viene fatto per l’eparina, medicinale che rimane consigliato soltanto per le persone più a rischio. “L’eparina può essere utile nella prevenzione del trombo-embolismo venoso. I soggetti che rischiano di più sono soprattutto pazienti anziani allettati, e che quindi si muovono poco. Comunque va fatta una valutazione caso per caso: ai pazienti che sono già in trattamento anticoagulante o che stanno prendendo altri farmaci che possono interferire con la coagulazione del sangue l’eparina non va data“, sottolinea ancora Fabrizio Corti.

Infine, per quanto riguarda il discorso dieta “quello che non va mai trascurato è l’apporto corretto di frutta e verdura e di proteine“.”Non dovrebbero mancare le porzioni di frutta e verdura, soprattutto adesso che andiamo incontro alla stagione invernale e abbiamo gli agrumi: così da evitare carenze di vitamina C grazie ad arance e mandarini. E poi attenzione alle proteine: sono quelle che rischiano di diventare più carenti nel paziente Covid positivo che rimane a casa, a causa dell’inappetenza legata alla perdita del gusto e dell’olfatto”, spiega il docente Francesco Landi.

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