Contratti pubblici, Conte duro con i sindacati: “Le partite Iva soffrono!”

Dura risposta del premier ai sindacati che lamentano poche risorse per il rinnovo dei contratti pubblici: c’è chi, come le partite Iva, sta molto peggio. ma così non si divide il paese?

Ai sindacati, che chiedono più risorse – lamentando come insufficienti quelle previste dall governo – per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione, il premier Conte risponde citando la sofferenza delle partite Iva: “Siamo in un periodo in cui si proporranno nuove e diverse disuguaglianze. Un impiegato pubblico oggi, non muovendosi da casa, può esercitare la propria attività con risparmio di tempo e risorse, mentre molte altre categorie stanno soffrendo veramente. Ad esempio gli esercizi commerciali e le partite Iva hanno serie difficoltà.  Una risposta che fotografa la realtà, senza dubbio: come sottolineato da più commentatori,  come ad esempio Massimo Cacciari, la crisi innescata dalla pandemia di Covid sta generando un paese veramente diviso in due. Una spaccatura enorme tra chi – di fatto – può permettersi la crisi e chi no: perchè è vero che chi ha la certezza di ricevere uno stipendio a fine mese vive la situazione drammatica e surreale imposta dal Covid con un enorme paracadute attaccato sulla schiena rispetto a chi sta vedendo sgretolarsi le proprie possibilità di reddito, in attesa di un sostegno da parte del governo che fino ad oggi è stato tardivo ed insufficiente.

Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia

Appare quindi sensata la risposta del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che le agenzie stanno rilanciando dalla tarda serata di ieri: date le risorse limitate di cui al momento dispone il governo, in attesa dei soldi che dovranno prima o poi arrivare dall’Europa, che senso ha chiedere più soldi per il lavoratore pubblico? Sopratutto quando ci sono partote Iva che aspettano ancora un sostegno che tarda ad arrivare, come capita anche a tanti lavoratori dipendenti privati con la Cassa Integrazione. Ed ancora (ma questo forse Conte non lo pensa): che tipo di credibilità hanno le richieste di sindacati (parliamo dei “confederali” Cigl, Cisl e Uil) che oggi chiedono più risorse per i dipendenti pubblici continuando a scordare, appunto, intere categorie professionali e dopo aver comunque contribuito a precarizzare il lavoro? Non ci siamo scordati l’atteggiamento nei fatti morbido e condiscendente ai tempi dell’abolizione dell’articolo 18 e dell’introduzione del Jobs Act, che ancora oggi tanti lavoratori stanno pagando con precarietà e nessuna sicurezza. Insomma, una richiesta – quella dei sindacati – che appare “fuori tempo”, e che va ad alimentare una frattura pericolosa all’interno della nostra società.

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Ma c’è anche un altro aspetto, che va considerato: il ruolo del governo. Perchè se è vero che Conte, nel suo attacco ai sindacati, fotografa una realtà di fatto dell’Italia del 2020, è anche altrettanto vero che ne porta sulle spalle (insieme a tutto l’Esecutivo) la responsabilità. Perchè se tante partite Iva (e lavoratori dipendenti del settore privato) sono letteralmente alla canna del gas è anche e sopratutto colpa del governo, che non è stato in grado di proteggere il reddito  di milioni di lavoratori con interventi tardivi e goffi. Con le sue parole quindi Conte, pur richiamando Cigl, Cisl e Uil ad un atteggiamento più congruo ai tempi che stiamo vivendo, si assume un grande rischio: quello di alimentare ulteriormente un conflitto che potrebbe essere deleterio per la tenuta dell’equilibrio sociale del nostro paese. Lo scontro tra dipendenti pubblici e liberi professionisti, tra chi può permettersi di restare a casa e tra chi non riesce a mettere insieme i soldi per fare la spesa. Che, ricordiamolo sempre, è comunque una “guerra tra poveri”. E le guerre tra poveri sono sempre state un grande strumento di gestione del potere: è la storia che lo insegna.

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