Covid, Svizzera: le piste da sci aperte nonostante i quasi 5000 casi al giorno

Oltre settemila chilometri di piste per quasi duemila impianti di risalita. «Sarà una grossa sfida» dicono le forze governative svizzere. In direzione contraria e forse un po’ ostinata, il Paese ha deciso di aprire la stagione dello sci. Intanto i numeri parlano chiaro: quasi cinquemila casi al giorno, medici malati e terapie intensive piene. 

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Le nazioni confinanti intanto dubitano, temporeggiano? La Svizzera no. Dall’ufficio turistico di Saint Moritz, nel Cantone dei Grigioni, gli italiani sono i benvenuti e la stagione può iniziare. Semmai sarà in uscita l’autorità doganale a consigliare un’eventuale quarantena una volta tornati a casa propria. Eppure gli svizzeri non tengono conto delle parole dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che identifica nella zona di Ginevra uno dei principali focolai d’Europa, come confermano le drammatiche situazioni degli ospedali, ai livelli di Varese e di Como. Ci sono ambulanze in coda fuori dal pronto soccorso, posti letto carenti, reparti trasferiti, medici e infermieri malati a decine e decine, le terapie intensive piene e una quantità di nuovi casi positivi come ai tempi della prima ondata.


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Su quest’ultima voce, le autorità svizzere sentono l’esigenza di sciare ora e subito. Ovviamente la motivazione la sappiamo tutti. I dati, viene ripetuto, non hanno mai superato le cinquemila unità giornaliere. Ma la regione è piccola per quei numeri. Fonti sanitarie confermano al Corriere che, a livelli generali, il quadro è molto peggiore di quello italiano. Quindi l’unica cosa da dire è: a cosa dare la priorità? Probabilmente al quadro economico. Saranno in vigore, e ci mancherebbe il contrario, gli obblighi della mascherina e dei distanziamenti, e un numero massimo di accessi sulle piste. Gli esperti degli sport invernali predicano la sicurezza sulle piste, dove uno va per la sua strada lontano dal prossimo e dunque con un rischio contagio molto basso. Staremo a vedere.


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Anche perché nessuno può sapere cosa accadrà nei rifugi, nei ristoranti, nei bar e via elencando. «Ci sono anche altri modi di fare turismo montano in inverno in cui non si rischia la pelle degli altri. Mi meraviglio molto ogni volta che esce una questione come questa, perché siamo di fronte a un numero di decessi che è sicuramente un fallimento della medicina così come della coscienza sociale di tutti quanti», ha sottolineato Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms. Al netto delle preoccupazioni la Svizzera sembra aver preso la decisione serenamente.  Da giorni, hotel e centri di noleggio del materiale annunciano sensibili sconti, e naturalmente la riduzione del prezzo aumenterà in relazione alla durata della permanenza. Tutto entusiasmante. Ma non è che questo entusiasmo potrebbe costarci veramente tanto?

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