Crisi di governo, guardiamo ai numeri: per il Conte ter c’è bisogno di Matteo Renzi

Ci sarebbero, secondo fonti governative, almeno 15 centristi pronti a sostenere il “Conte ter”. Ma di nuovo si ritorna su Matteo Renzi.

Il problema sono sempre stati i numeri. Numeri, quelli del Recovery. Fondi, soldi, piani; ma comunque numeri, proprio quelli che avrebbero – questa la teoria – portato Matteo Renzi ad aprire una crisi di governo che ha scavato le prime crepe già dai primi segnali di minaccia e che poi si è aperta definitivamente, finendo nel baratro. Così, questa mattina Giuseppe Conte si è dimesso, dopo la mancata maggioranza assoluta ottenuta al Senato. E ora, gestire la crisi spetta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma ecco che tra gli scenari possibili dopo il Conte bis spunta di nuovo il nodo Matteo Renzi. E, di nuovo, si ritorna ai numeri.

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Già, perché, Conte ha ottenuto sì la maggioranza al Senato, ma non assoluta. Quindi, ufficializzate le dimissioni del Presidente del Consiglio, è iniziata la corsa contro il tempo per la nascita del gruppo dei cosiddetti “responsabili”. L’obiettivo? Una formazione autonoma che permetta di poter salire al Quirinale e partecipare alle consultazioni. Ci sarebbero, secondo fonti governative, almeno 15 centristi pronti a sostenere il “Conte ter. In questo modo, non ci sarebbe bisogno di riaprire le trattative con Italia viva e con Matteo Renzi. Ma le ipotesi sono diverse e c’è anche chi avanza l’ipotesi che proprio l’ex democratico sia pronto a dire sì a un altro governo guidato da Conte, in cambio però di contropartite importanti nell’esecutivo, quali il ministero dell’Interno oppure quello degli Esteri.

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Di fatto, le dimissioni si sono rivelate un passaggio necessario per far emergere con chiarezza i volontari. E, secondo i democratici, ad ora i famosi numeri non ci sono. Della stessa opinione il Movimento 5 stelle. “Una crisi di governo è sempre legittima ma bisogna rendersi contro del momento in cui si fa. Renzi ha dimostrato di essere ampiamente inaffidabile e di non amare l’Italia. Noi con i suoi parlamentari parliamo e abbiamo lavorato bene, ma stiamo cercando di far capire loro che c’è strada di responsabilità da seguire”, ha detto Manlio Di Stefano, sottosegretaria agli Esteri pentastellata, intervenendo ad “Un giorno da pecora” su Radio1.

Nicola Zingaretti ha invece ribadito che il PD non vuole le elezioni e che il partito si sta adoperando per garantire un governo autorevole e con una base parlamentare ampia ed europeista. “Risolvere problemi non vuol dire baci e abbracci ma impegnarsi con Conte visto che ha avuto la fiducia poco tempo fa, per un governo ampio ed europeista”, ha detto il segretario dem.

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