Perché andare al voto potrebbe essere meglio di alternative poco solide

Aperta la crisi di governo, in Italia si è aperto il “toto-nome”. Conte-ter, maggioranza Ursula, nuovo gruppo parlamentare, responsabili: sono tante le ipotesi, meno le proposte concrete che arrivano per risolvere una situazione che ne ha estremamente bisogno. Ma non sarebbe meglio andare al voto? 

Tante ipotesi, così come è tanta la confusione e l’incertezza che sembra regnare sovrana in questi giorni di caos. Secondo il sondaggio di “Euromedia Research” per La Stampa, per gli italiani non era questo né il modo né il tempo. Il 26,7% degli intervistati si è detto arrabbiato dalla notizia dell’apertura della crisi; il 22,6% preoccupato; il 20,5% è sconcertato. Insomma, sette italiani su dieci sono invasi da emozioni negative rispetto allo scenario politico. Ciò che accomuna tutti, però, è una visione comune sul fatto che la crisi è arrivata al momento sbagliato. E si spiega, così, anche il calo di favore nei confronti di Matteo Renzi, considerato – più di Conte – il vero responsabile della situazione.

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Con questi presupposti, andare al voto potrebbe rappresentare una soluzione più solida rispetto a quelle che si accavallano in queste ore frenetiche. L’ipotesi, però, sembra quello meno probabile anche se piano piano comincia a farsi strada con maggiore certezza. Ma perché? Perché il voto sembra essere davvero improbabile? Da una parte c’è il compromesso politico; dall’altra, il diritto alla rappresentatività. Ma non sarebbe giusto rimettere la palla nelle mani dei cittadini? Mettere fine a questi giochi di palazzo? A proposte ed ipotesi che, in verità, sembrano dettate per niente affatto dalla volontà di risoluzione della crisi quanto piuttosto dall’improvvisazione. Una crisi che ha visto poi Giuseppe Conte intascare la fiducia al Senato, ma con numeri ben al di sotto della maggioranza assoluta. E invece, dalle urne, risulterebbe forse l’emersione di una maggioranza più compatta, almeno sui numeri. Il centrodestra è ormai la coalizione più compatta e attende, speranzosa, di poter prendere posto.

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Il caos delle consultazioni

Infatti, i primi colloqui del capo dello Stato, iniziati ieri, hanno reso evidente la grande confusione e il fatto che la via d’uscita dalla crisi è molto lontana. Autonomie, Leu e il neonato gruppo degli Europeisti hanno ribadito il loro sostegno al Conte ter; mentre +Europa ha richiamato la maggioranza Ursula con Forza Italia. Il M5s, la prima forza in Parlamento, se il premier non fosse più Conte, chiederebbe il ritorno alle urne. Decisivo per capire i prossimi equilibri sarà Italia viva. Invece, l’obiettivo di Pd e Movimento 5 stelle è quello di ripartire da Giuseppe Conte per un governo Conte ter, puntando sui “costruttori”, oppure riaprendo ai renziani.

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