Coronavirus, superati i 100mila morti: quante vite avrebbe potuto salvare una sanità pubblica forte?

Oggi, in Italia, sono stati registrati 13.902 nuovi casi di Coronavirus e 318 morti. Aumentano le terapie intensive e la pressione sul sistema sanitario comincia a farsi nuovamente sentire. Una sanità pubblica più forte, un sistema adeguato di welfare, una struttura più pronta avrebbero potuto evitare molti decessi. 

Un bollettino che non lascia ben sperare, quello di oggi, 8 marzo. Il bollettino odierno che registra l’andamento del Coronavirus in Italia, infatti, segna un nuovo boom di ricoveri Covid in Italia. Sono infatti quasi cento i posti in più occupati nelle terapie intensiva nelle ultime 24 ore, 95 nell’esattezza. 13.902 invece i nuovi casi e 318 i morti per Coronavirus. Superata, quindi, la soglia dei 100mila morti e l’Italia è il primo paese in Europa a raggiungere il “record“. Ad oggi, sono 100.103 le vittime e, secondo dati Istat del 5 marzo 2021, tra marzo e dicembre 2020 si sono registrati 108.178 decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019, il 21% di eccesso.

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Del resto, gli ospedali al collasso sono stati il simbolo della pandemia. Quando un anno fa si registrò il primo caso di Covid19 a Codogno e la prima vittima a Vò euganeo, i contagi iniziarono rapidamente a diffondersi e il nostro sistema sanitario si mostrò da subito impreparato a reggere la pandemia che, dopo qualche settimana, aveva iniziato a mostrare tutta la sua aggressività. Sono passati 12 mesi , mesi che hanno mostrato l’insufficienza del Sistema Sanitario Nazionale, vittima dei tagli alla sanità che vanno avanti da anni. La debolezza del welfare italiano è causato da anni di sottofinanziamento del Sistema sanitario nazionale e la pandemia ci ha mostrato la necessità di intervenire sulle strutture socio-sanitarie pubbliche. Alla mancanza di posti letto, anche nelle terapie intensive, si è fatto seguito con l’aumento degli stessi. Ma è davvero bastato?

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Responsabilità, di chi? 

La riforma e la riorganizzazione del welfare italiano – come chiarito anche da Mario Draghi – è fondamentale per tenersi pronti a qualsiasi emergenza di tipo sanitario, così come un piano pandemico adeguato è fondamentale per gestire una pandemia. Cosa che, nello specifico, non è avvenuta. La debolezza, in sostanza, è strutturale. Serve anche far fronte alla carenza di medici e infermieri; un’assunzione, quella dei camici bianchi, prevista nella Legge di Bilancio 2021. Si mira ad incrementare il personale anche per la somministrazione dei vaccini. Ad oggi si procede ancora tra restrizioni e logica del lockdown, mentre la pandemia ha evidenziato tutte le carenze delle strutture del nostro Paese. I bonus non bastano e la cassa integrazione non arriva, mentre le attività chiudono e la disoccupazione aumenta. La verità è che il nostro paese non era pronto per affrontare una pandemia e proprio gli ospedali al collasso sono stati il simbolo di un welfare che fa acqua da ogni parte. Una debolezza, quella del welfare italiano, causata da anni di sotto finanziamento del Sistema sanitario nazionale. Da anni di risparmio, di tagli, di limitazioni. Lo squilibrio tra pubblico e privato che esiste ormai da più di vent’anni ci ha portato al limite. E nessuno sembra essersene assunta la responsabilità.

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