I riders di Just Eat vincono sui diritti e diventano lavoratori dipendenti

Dopo cinque anni di lotte, manifestazioni e rivendicazioni, finalmente i riders di Just Eat diventeranno lavoratori dipendenti e avranno il contratto della logistica. E’ il frutto di un accordo raggiunto tra Just Eat e le categorie di Cgil, Cisl, Uil dei trasporti e dei lavoratori atipici. Ma cosa vuol dire tutto questo? Vuol dire che i riders, dopo anni di lotte, si sono ritagliati la loro porzione di diritti: ora avranno buste paga, ferie, malattia e tutela contro gli infortuni. Una categoria che, insieme ai lavoratori Amazon, ha molto da insegnare alle categorie dei “vecchi lavori”. 

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È un risultato politico e contrattuale significativo”, commenta Maurilio Pirone (Rider per i diritti/Bologna Riders Union), che poi passa a esplicitare, in concreto, i dettagli di questo risultato: “Nell’ambito di questa azienda il lavoro del ciclofattorino sarà regolato da un modello completamente diverso dal cottimo. In concreto, i riders di Just Eat diventeranno lavoratori dipendenti e avranno il contratto della logistica. La svolta è frutto di un accordo raggiunto tra JustEatTAKEAWAY.com Express Italy Srl e le categorie di Cgil, Cisl, Uil dei trasporti e dei lavoratori atipici. Buste paga, malattia, ferie e tutela contro gli infortuni. Insomma, viene ridimensionato il pagamento a cottimo che spingeva i riders a ritmi massacranti (anche se una parte della retribuzione resterà comunque legata alle consegne effettuate).

Esultano Cgil, Cisl e Uil ed elencano i diritti acquisiti con una “semplice” mutazione contrattuale, ovvero grazie all’applicazione ai riders del Contratto nazionale Trasporti, Merci e Logistica: paga base, legata ai minimi contrattuali e non alle consegne, TFR, previdenza, integrazione salariale in caso di malattia, infortunio, maternità/paternità, ferie, orario di lavoro minimo garantito, maggiorazioni per il lavoro supplementare, straordinario, festivo e notturno, rimborso spese per uso mezzo proprio, dpi adeguati e diritti sindacali. Inoltre, l’accordo prevede un compenso orario iniziale di 9,60 euro e prevede anche una maggiorazione, ovvero un premio che prenda in considerazione le consegne effettuate (mai più di quattro in un’ora). Si va, insomma, verso una stabilizzazione del lavoro. La stessa Just Eat – uscita da Assodelivery – avrebbe anche intenzione di assorbire parte dei 4mila fattorini part-time a tempo indeterminato.

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Nulla di clamoroso, “solo” diritti base

Una vittoria importante, soprattutto perché applicata a un colosso dell’e-commerce, una categoria di solito esentata dal rispetto di questi diritti base del lavoratore, nonostante grandezza e visibilità. Ed è una vittoria conquistata dopo anni di manifestazioni e mobilitazioni, che hanno garantito una riconquista di diritti dati per scontati fino a qualche decennio fa, quando il Welfare State non era una chimera e il pagamento a cottimo sembrava far parte di un altro secolo. Tanto che ora Pirone ribadisce: “Le aziende del delivery food si fanno una forte competizione, stanno capendo che questo settore non va avanti con la retorica, ma con i diritti. Just Eat lo ha capito: il cliente è sempre più sensibile a questo problema. Ora è il turno delle aziende di Assodelivery (Deliveroo, Uber Eats, Glovo). È l’ultima resistenza da fare cadere”. Anche i sindacati si dicono “convinti che possa aiutare ad indicare una via di regolazione del settore. Non c’è bisogno di inventarsi nulla, le regole e i contratti nazionali esistono già“. Contratti nazionali che vengono evitati spesso per convenienza, paradossalmente soprattutto da aziende “possono permettersi” di tutelare i lavoratori (e già il fatto che la tutela del lavoratore sia diventato un costo opzionale dovrebbe far riflettere).

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Ma l’importanza della vittoria resta

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Si spera, ora, che l’adesione del colosso di Just Eat possa influenzare anche gli altri. A far pressione non solo le mobilitazioni di lavoratori interessati, ma anche il ruolo attivo dei consumatori consapevoli. D’altronde, il terreno per far avanzare le rivendicazioni sembra già pronto e sta investendo anche la filiera Amazon. Nella giornata di ieri, infatti, si sono chiuse le operazioni di voto tra i dipendenti dello stabilimento Amazon a Bessemer, in Alabama. Al centro delle votazioni, l’ipotesi di istituire o meno un sindacato interno. Lo spoglio inizierà nella giornata di oggi, ma potrebbe impiegare diversi giorni (i dipendenti sono 6.000). Nel caso in cui vinca il sì, lo stabilimento potrebbe essere il primo a veder sorgere un sindacato interno a difesa dei dipendenti. Ovviamente, anche nel caso in cui vincesse il sì, la storia non finirebbe lì: già in passato l’azienda è riuscita ad ostacolare in ogni modo la formazione di sindacati, prima che si arrivasse a negoziare un contratto collettivo. Eppure, la questione sta assumendo dimensioni sempre più grandi e – necessariamente – si ricollega anche alle lotte dei dipendenti Just Eat (afflitti da problematiche differenti ma affini).

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“Ci si muove con i tempi dei robot”

A spiegare le motivazioni dei dipendenti Amazon è Darryl Richardson, uno dei primi dipendenti a contattare un sindacato e autore di un articolo apparso sul New York Magazine riportato dal Post: “Aspetto che un robot con un portaoggetti arrivi da me, scarico gli oggetti e li ripongo in un cestone. Lo faccio per 11 o 10 ore al giorno, con due pause in mezzo. (…) Non esistono momenti morti, ci si muove con i tempi del robot. Ogni minuto che non passo a mettere oggetti nel cestone conta come ‘tempo non impiegato’. Se lascio la mia postazione per andare in bagno, scatta il cronometro. Se totalizzo due ore di “tempo non impiegato” vengo licenziato. Non è giusto licenziare i dipendenti perché devono andare in bagno. Sembra di sentire parole provenienti dalla seconda Rivoluzione industriale. Decenni dopo, la rivoluzione digitale ripropone dinamiche di sfruttamento affini, intenzionate a dimenticare ogni diritto conquistato nel frattempo. Ma si sa, quando cambiano i modi di produzione, cambiano anche i rapporti lavorativi, e con essi gli anticorpi per reagire. Che questo sia l’inizio di un cambio passo in grado di coinvolgere tutti?

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