Rinvenuti al Circeo resti attribuibili a 9 uomini di Neanderthal

Rinvenuti al Circeo resti attribuibili a 9 uomini di Neanderthal. A oltre 80 anni dalla scoperta della Grotta Guattari 

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Dopo oltre 80 anni dalla scoperta della Grotta Guattari a San Felice Circeo (LT), una ricerca portata avanti della Soprintendenza archeologica di Frosinone e Latina in collaborazione con l’Università Tor Vergata ha condotto a un nuovo rinvenimento. Scoperti, infatti, reperti fossili “attribuibili a 9 individui di uomo di Neanderthal“.

A comunicarlo è il ministro della Cultura Franceschini:  «Un ritrovamento eccezionale che arricchisce le ricerche sul tema». Scoperti anche resti di iena, rinoceronte, elefante, cervo gigante ecc.

L’inchiesta, ancora in corso, ha avuto inizio nell’autunno 2020 durante un’ operazione di messa in sicurezza della grotta Guattari. Già all’epoca, tramite studi eseguiti dal paleontologo Alberto Carlo Blanc, si era compresa subito  l’importanza di tale sito, ritenuto tra i più importanti del paleolitico medio europeo. “Un ambiente assolutamente unico“, dice Mario Rolfo, docente archeologia preistorica Università Tor Vergata. Un crollo, forse provocato da un terremoto, ne chiuse l’entrata 60mila anni fa.

All’interno di questo sito, stratificata nel tempo, c’è una incredibile banca dati di elementi fossili, vegetali, umani e animali di cui non si sapeva che si trovassero in queste zone, elementi che a detta degli esperti consentiranno di ricomporre la storia del Circeo e della pianura pontina, posti che l’uomo di Neanderthal ha frequentato da 300mila ad almeno 50mila anni fa.

Tra i resti umani rinvenuti, una calotta cranica, un frammento di occipitale, frammenti di cranio, mandibola, due denti, tre femori parziali e altri frammenti che attualmente si sta tentando di identificare. Tra i resti trovati dagli archeologi, 9 che vanno ad aggiungersi ai 2 già ricostruiti nel 1939, c’è solo una femmina. I resti sono di epoche diverse.

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Otto dei resti sono di ominidi vissuti tra 50mila e 68mila anni fa, mentre il più antico risale tra i 100mila e i 90mila anni. Tantissimi i resti animali ritrovati, tra cui iene che hanno usato per ultime la grotta come tana in cui portavano i resti delle loro prede. All’indagine lavorano studiosi di diversi enti di ricerca: INGV, CNR/IGAG, Università di Pisa, Università di Roma La Sapienza.

Lo scopo, raccontano, è ricostruire il quadro paleoecologico della pianura Pontina tra i 125mila e i circa 50mila anni fa, quando gli ominidi ritenuti  ‘cugini’ dell’homo sapiens (estinti in circostanze misteriose nel 26.000 a.C.) erano sul territorio laziale. Scavi e indagini si stanno svolgendo anche all’esterno della grotta in cui gli esperti hanno trovato stratigrafie e paleosuperfici di frequentazione risalenti tra i 60mila e i 125mila anni fa che svelano attimi di vita dell’uomo di Neanderthal, a partire dai luoghi che frequentava e dove, accendendo il fuoco, si si nutriva di ciò che cacciava.

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La scoperta di carbone e ossa animali combuste, dicono ancora i ricercatori, fa pensare alla presenza di un focolare strutturato. «Una scoperta che permetterà di gettare una luce importante sulla storia del popolamento dell’Italia», afferma Mario Rubini, direttore servizio antropologia SABAP di Frosinone e Latina. «L’uomo di Neanderthal è una tappa fondamentale dell’evoluzione umana, rappresenta il vertice di una specie ed è la prima società umana di cui possiamo parlare».

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