Corte d’Appello, motivazioni sentenza:«Martina Rossi morì per fuggire da stupro»

Corte d’Appello, motivazioni sentenza:«Martina Rossi morì per fuggire da stupro». I giudici escludono suicidio

Martina Rossi-Meteoweek.com

Dalle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze ha condannato il 28 aprile scorso a 3 anni Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per tentato stupro di gruppo, si legge:«Gli elementi indiziari che il processo ha faticosamente acquisito» sono «tutti convergenti nell’affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che Martina Rossi la mattina del 3 agosto 2011 precipitò della camera 609 dell’albergo Santa Ana di Palma di Maiorca nel disperato tentativo di sottrarsi a una aggressione a sfondo sessuale posta in essere in suo danno da entrambi gli imputati».

Nella sentenza si legge ancora che il quadro psicologico di Martina Rossi è quello di una ragazza «che molti testi nel corso del processo hanno definito solare, soddisfatta del proprio percorso universitario, ricca di progetti per il proprio futuro da condividere con le sue amiche di sempre. Il quadro che ne esce è quello di una ragazza poco più che ventenne, ancora nel pieno delle progettualità della vita sociale e affettiva; una ragazza normale alla quale nell’ultimo periodo della propria vita erano accadute soltanto cose positive che la motivavano nel suo percorso di vita».

Il giudice scrive ancora: «Un quadro incompatibile con le condizioni di una ragazza che, secondo la ricostruzione degli imputati, avrebbe deciso senza alcun motivo apparente di mettere fine alla propria vita. I disturbi del comportamento che avevano interessato Martina Rossi in età adolescenziale erano già passati nel periodo corrispondente agli esami di maturità, nell’estate del 2009». 

Nel testo si legge che questa è «l’unica verità processuale in grado di soddisfare la valenza di tutti gli indizi esaminati. Martina Rossi venne aggredita da entrambi gli imputati». Nella sentenza si legge che quella notte Vanneschi e Albertoni erano sotto effetto di stupefacenti. «La giovane  reagì con forza a questa aggressione ingaggiando, sicuramente con Alessandro Albertoni, una colluttazione a seguito della quale provocò dei graffi al collo dell’imputato». 

Per i giudici il racconto dei due giovani era quasi completamente falso e «assolutamente privo di credibilità». I due imputati avevano raccontato che la studentessa sarebbe caduta dal balcone della camera dell’hotel di Palma di Maiorca per via di un forte stato di agitazione, forse per aver assunto hashish.

Ma come spiega il magistrato, gli accertamenti tossicologici «escludono nella maniera più categorica che Martina Rossi abbia assunto stupefacenti». Quando cadde dal balcone la ragazza era nella stanza si d’hotel dei due imputati. Secondo la versione di Alessandro Albertoni, la ragazza si sarebbe buttata dal balcone mentre lui si era allontanato per chiamare le sue amiche che si trovavano in un’altra camera. Invece, dalle testimonianze è emerso che Martina sarebbe precipitata, lanciando un urlo, prima che Alberto fosse udito scendere di corsa per le scale.

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«Il processo», si legge nella sentenza, «non ha accertato con esattezza le modalità dell’aggressione, ancorché le lesioni personali inferte dalla ragazza ad Albertoni, unitamente alle lesioni presenti sul corpo di Martina Rossi incompatibili con l’evento della precipitazione, evidenzino che una colluttazione vi fu. Per quanto attiene al quadro lesivo all’occhio sinistro, alle labbra, alla spalla sinistra», questo «certamente non è compatibile con la precipitazione» ma lo è «con una colluttazione tra Marina Rossi e Alessandro Albertoni all’interno della camera 609».

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