“Sono un bugiardo, finirò all’inferno”. Intercettazioni shock nell’inchiesta sui fanghi tossici

Rifiuti contaminati usati come fertilizzanti. “Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi“, diceva al telefono l’imprenditore finito in manette. 

Io ogni tanto ci penso.. Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi. Sono consapevolmente un delinquente“. Sono le parole scioccanti riportate da Il Corriere della Sera, relative all‘inchiesta della Procura di Brescia sui fanghi tossici. La voce è quella di Antonio Maria Carucci, laureato in Scienze geologiche e a libro paga della Wte. “Sono un mentitore!… Io finisco all’inferno“, dice ridendo Carucci, già condannato in passato per traffico illecito di rifiuti al telefono con Ottavia Ferri, dipendente della Wte, che replica, sempre ridendo: “Lo facciamo per il bene dell’azienda!“.

La procura ha iscritto 15 persone nel registro degli indagati e sequestrato i capannoni dell’azienda bresciana Wte, per traffico illecito di rifiuti. Questi fanghi, stando all’accusa non venivano lavorati a norma di legge, risparmiando molti soldi per l’azienda. Dalle analisi prodotte con le autocertificazioni tutto però risultava regolare. Parliamo di circa 150mila tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti finiti nei terreni agricoli Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza e venduti come fertilizzanti. Agli agricoltori che, per lo più inconsapevolmente, spargevano i fanghi tossici sui campi gli addetti della Wte raccontavano si trattasse di scarti della produzione agroalimentare.

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Il traffico di rifiuti non è l’unico illecito emerso dalle indagini. C’è anche il reato di molestie olfattive, denunciato dalle diverse segnalazioni presentate dai cittadini, “costretti da anni a vivere barricati in casa con porte e finestre chiuse, a causa dei miasmi ammorbanti prodotti durante il trasporto e lo spandimento dei fanghi“.

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