Brusca tornato libero, Santino Di Matteo:«Sciolse mio figlio nell’acido, se lo trovo per strada non so che succede»

Il pentito di mafia Santino Di Matteo commenta la scarcerazione dell’ex boss che fece sciogliere nell’acido suo figlio Giuseppe 

Giovanni Brusca-Meteoweek.com

In un colloquio con il Corriere della Sera, il pentito di mafia Santino Di Matteo commenta la scarcerazione di Giovanni Brusca, l’ex boss che fece sciogliere nell’acido suo figlio Giuseppe. Di Matteo, pentito di mafia, vittima di questa vendetta atroce non può accettare che lo Stato rimetta in libertà quell’uomo.

«Non trovo le parole per spiegare la mia amarezza. A chi devo dirlo? È passato meno di un anno da quando avevano liberato un carceriere di mio figlio, a Ganci, il paesino delle Madonie, uno dei posti del calvario. Ma la verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto. Lo stesso boia di Capaci. Si può dire boia? Lo posso dire io?», afferma Di Matteo.

La legge consente la liberazione di Brusca, e su questo punto Di Matteo commenta:«La legge non può essere uguale per questa gente. Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell’umanità».

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L’uomo aggiunge che lo Stato «si fa prendere per i fondelli. Riina è morto in carcere. E così doveva andare per Brusca. Tu hai fatto cose atroci. Statti tranquillo, dentro. Ti diamo qualcosa, ma non puoi uscire. Perché se esce, che giustizia è? Se lo dico io, forse vale poco, ma dovrebbero essere tanti a ribellarsi. Invece, so come finirà».

«Due anni fa il presidente della Cassazione bloccò tutto. Gli disse: “stati dentro”. E Tina Montinaro, la vedova del caposcorta di Falcone, tuonò che non doveva accadere. Come invece ora regolarmente accade. Che cavolo di Stato è questo?», aggiunge Di Matteo. «Si dimentica che ‘u verru, cioè il maiale, come chiamavano Brusca, conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore. Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere».

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