Ddl Zan al Senato e l’incognita dei voti: troppi bluff, poca politica

Prosegue la discussione sul Ddl Zan in Aula al Senato, dopo una seduta abbastanza movimentata e dopo il voto della giornata di ieri, che ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità con 124 sì, 136 no e 4 astenuti. Il problema ora sarà capire che percorso prenderà la proposta di legge, quando verrà votata e con quali emendamenti. Sullo sfondo, Italia viva che chiede – a detta sua – di rimettere mano al testo per consentirne una sicura approvazione. Pd e M5s tirano dritto, accusando gli altri di voler affossare la legge. Chi sta bluffando?

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La seduta di ieri al Senato svela un clima infuocato, che effettivamente rispecchia i pronostici fatti nei giorni precedenti da Ivan Scalfarotto di Italia viva: “Sarà un Vietnam. Ed effettivamente, all’apertura dei giochi, così è stato. I toni si sono alzati fin da subito, quando il leghista Andrea Ostellari ha chiesto di tornare in capigruppo per trovare un nuovo accordo sulle modifiche. La richiesta, assecondata e ascoltata dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati, è stata accompagnata da uno sciame di proteste da parte dei senatori Pd, LeU e M5s, da cui sono spiccate le urla di Pietro Grasso: “Siamo a questo punto e dovremmo tornare indietro? Non lo consenta”. Il testo, alla fine, non è tornato in Commissione e ha proseguito il suo iter in Assemblea, durante il quale sono state respinte le pregiudiziali di costituzionalità presentate da FdI e Lega, con 124 sì, 136 no e 4 astenuti. Sono dunque 12 i voti che hanno discriminato il respingimento delle pregiudiziali. Pochi, meno di quanto ci si aspettasse. Oggi la discussione prosegue fino alle 20, e i fronti tornano a fare il loro gioco: invitano al compromesso a parole, alimentano la battaglia nei fatti.

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Una strada tortuosa

E proprio a proposito di battaglia, il sospetto è che il peggio debba ancora venire, sia per quanto riguarda i rinvii, sia per quanto riguarda il dibattito. Scadrà martedì prossimo alle 12 il limite massimo per presentare gli emendamenti, ma l’iter si sospenderà subito per l’arrivo per l’arrivo del Sosegni bis. La discussione generale invece si apre oggi, ma si interromperà per il voto sul cda Rai. Seguiranno poi i decreti Semplificazioni e Reclutamento che ingorgheranno inevitabilmente l’Aula e che potrebbero comportare, insieme alla pausa estiva, uno slittamento della votazione a settembre. A tutto questo si aggiungono gli ostacoli numerici: il voto sulle pregiudiziali ha dimostrato che non serve una folla di franchi tiratori per affossare la legge. Il discrimine tra pro e contro al momento è solo di 12 voti. E’ facile immaginare cosa potrebbe accadere in scrutinio segreto, quando si voterà effettivamente sul testo della legge. In mezzo, lo spettro degli emendamenti.

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Tra dichiarazioni e bluff

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Se dovesse passare qualche modifica al testo, il disegno di legge dovrebbe tornare alla Camera per un’ulteriore votazione. Il banco di prova potrebbe esser offerto, in questo caso, dalle proposte di modifica che Italia viva intende avanzare: “Il mio appello è molto semplice: si faccia un accordo sui punti legati all’articolo 1, 4 e 7 e, fatto questo, si chieda a tutte le forze politiche di portare la discussione alla Camera entro 15 giorni. Se invece si va allo scontro, avrete distrutto la vita di quei ragazziafferma Renzi. Non a caso, si tratta degli stessi articoli contestati dal centrodestra. Intanto, Italia viva accusa il Pd di voler affossare il disegno di legge proprio non volendo accettare la mediazione.

Dall’altro lato, il dubbio del Pd, al di là del merito delle proposte, è esattamente questo: Italia viva sta indirizzando il dibattito verso una modifica degli emendamenti, promettendo una rapida risoluzione, solo per prestare il fianco a un affossamento della legge? Difficile dire quale sia la reale intenzione politica (e non legislativa) del partito renziano. E il vero problema è che il Pd non si fida né di Italia viva né del centrodestra. Per questo tira dritto, rischiando di andare contro un muro. Se lo scopo del partito renziano fosse affossare il Ddl Zan, l’asse Iv-Lega sarebbe confermato almeno in questo caso, e i sostenitori farebbero bene a guardarsi da ogni forma di mediazione. Se invece il suo scopo fosse realmente garantire una più larga platea di sostenitori attraverso l’introduzione di misure di compromesso, a quel punto sarebbe legittimo un dubbio: e se Italia viva stesse sottovalutando la destra perché troppo occupata a incolpare il centrosinistra? E se Italia viva fosse erroneamente persuasa di arrivare all’approvazione del Ddl con i suoi emendamenti nel giro di 15 giorni?

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Un Salvini apparentemente conciliante

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D’altronde, Salvini – firmatario del manifesto di destra in Ue insieme a Viktor Orban – in aula si presenta con toni concilianti: “Ai colleghi senatori chiedo di superare gli steccati ideologici, guardandoci in faccia. Non penso che in Aula ci sia un solo senatore che discrimini in base al sesso e alla sua scelta di vita, e se c’è vuol dire che è un cretino che non merita di stare in quest’aula“. Poi ancora: “Io ringrazio i promotori di questa legge, e spero che il tratto finale di questo percorso ci veda insieme perché sarebbe un bellissimo segnale“. Eppure, è stato proprio il presidente leghista della Commissione Giustizia Andrea Ostellari a portare avanti la sua opera di ostruzionismo ai danni della calendarizzazione del Ddl Zan.

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Troppi bluff, poca politica

Eppure, nonostante le buone intenzioni dichiarate in Aula, qualcosa non torna, e lo ricorda Loredana De Petris (LeU) rispondendo a Matteo Salvini: “Perché questo appello a rispettare i diritti non l’ha fatto ai suoi alleati dell’Ungheria di Orban? E allora quando si fa un appello alla mediazione in nome della possibilità di trovare un accordo per punire chi discrimina, innanzitutto bisogna essere coerenti, ma anche sapere esattamente quello che si dice e si scrive, perché senatore Salvini, l’ha letta la questione pregiudiziale a firma Pillon della Lega? Dice che in realtà, al di là di tutta la pantomima sull’accordo, si mette in discussione addirittura la legge Mancino”. Su questo rimpallo di accuse, doppiogiochismi, bluff e strategie a mezza bocca, risulta sempre più evidente un fattore: il dibattito parlamentare è svuotato, nessuno spiega quale sia il reale problema con l’espressione “identità di genere”, nessuno risponde adeguatamente alle accuse. L’intera discussione si incardina in un rimpallo di responsabilità dietro le quali si cela sfiducia nelle forze politiche avverse, piuttosto che fiducia nel dibattito, anche se dialettico. Dopo diversi mesi di oscuramento del Parlamento a colpi di Dpcm, ci aspettavamo un tenore diverso.

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