Uccide il patrigno/marito dopo 25 anni di violenze. Oggi è libera

Un caso che ha scosso le coscienze e i tribunali: 25 anni di stupri, violenza e prostituzione. Lo ha ucciso, ma il giudice è stato clemente

25 anni di violenze, di stupri e addirittura di prostituzione forzata. 25 anni di inferno in terra per Valérie che non ce la fa più, prende la pistola e uccide l’ex-patrigno, diventato forzatamente suo marito. Poi la condanna, molto lieve rispetto al reato. Il giudice ha dovuto tenere in considerazione quello che ha vissuto.

Questa è brevemente la storia di Valérie Bacot che parte a 12 anni quando il patrigno inizia ad abusare di lei. Rimane incinta a soli 17 anni, insieme hanno 4 figli. Lui la costringe anche a prostituirsi, ma il 13 marzo 2016 un cliente violento provoca in lei una reazione e decide che è il momento di mettere fine a quella vita, prende la pistola e uccide il suo l’orco: al processo prenderà cinque anni di cui quattro con la condizionale. Daniel Polette era il nome di quell’orco.

Accade in Francia, esattamente a Chalon-sur-Saône, in Borgogna. Valérie è figlia di una madre alcolizzata la quale decide di separarsi dal padre e iniziare una vita con Daniel, l’orco di questa storia. L’uomo è avvezzo alla violenza in famiglia, abituato a picchiare il padre, che finirà per togliersi la vita, e le sorelle. Quando Valérie ha solo 12 anni viene violentata da Daniel Polette, che ha 25 anni più di lei. La denuncia arriva dalle sue sorelle, Monique e Mireille Polette, l’uomo viene condannato a quattro anni di carcere per abusi su minore. Ma dopo appena due anni e mezzo esce di prigione e torna nella casa della compagna, nonostante ciò che ha fatto.

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Valérie Bacot al processo

I servizi sociali, sebbene informati della situazione, sono impotenti per non dire disinteressati. “Abbiamo aiutato Valérie una volta” ha detto durante l’udienza la sorella di Daniel, Mireille Polette. “Abbiamo fatto condannare nostro fratello, pensavamo fosse finita. Invece è uscito di prigione e hanno lasciato che tornasse a casa a ricominciare. Non abbiamo più capito niente“. Polette quindi torna a casa, Valérie rimane incinta minorenne, poi si sposano e nascono così i quattro figli: Dylan, Kevin, Karline e Jérôme. Valérie viene costretta a prostituirsi, il marito si occupa di trasformare una vecchia auto monovolume nel luogo per gli incontri, che lui osserva da un piccolo foro ricavato nella carrozzeria. “Mi aveva dato degli auricolari, quando ero con i clienti dovevo fare quello che ordinava lui” racconta la donna.

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Una sfocata immagine di Daniel Polette

Poi lo strano interesse di Polette per la figlia quattordicenne che alla madre ricordava l’incubo vissuto: Daniel Polette chiede alla figlia “come sei da un punto di vista sessuale?“, “hai già il ciclo?“, “che taglia di reggiseno porti?“. “Ho avuto paura che volesse fare a Karline le stesse cose che aveva fatto a me. Che avesse in mente di violentarla e poi di obbligarla a prostituirsi”. La Bacot decide di reagire e lo uccide. I figli chiamati a testimoniare, si diranno grati alla madre per averli salvati dal male. 

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Il cadavere viene portato nella foresta, ad aiutarla i figli e il fidanzato di Karline, Lucas. In paese si ritiene che Daniel Polette sia scappato abbandonando la famiglia, ipotesi credibile visto il personaggio. Dopo un anno e mezzo viene a galla la verità,  durante un litigio con sua madre Lucas se lo lascia scappare. La donna ha denunciato Valérie Bacot, la mattina seguente la polizia è arrivata e l’ha portata in carcere. Le sue avvocate cercano di mobilitare l’opinione pubblica perché il processo a Valérie Bacot si trasformi in un’atto d’accusa alle violenze coniugali e alle insufficienze del sistema giudiziario. Pretendono che la loro assistita venga prosciolta facendo valere la legittima difesa, sui social compaiono anche petizioni che ne chiedono la liberazione

Valérie Bacot con le figlie

Infine la condanna, la richiesta di cinque anni di cui quattro con la condizionale equivale, di fatto, alla libertà, e quando se ne rende conto Valérie Bacot crolla a terra per l’emozione. Molto ha contato la perizia dello psichiatra: “Il suo libero arbitrio era ridotto a zero. Nella mente non era mai sola. Suo marito c’era sempre, l’influenza era permanente. Il ruolo della società è di impedire queste tragedie. Siamo noi ad avere fallito“.

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