Green pass, Gimbe: efficace (ma ostacoli da rimuovere). Lega e FdI frenano

Mentre il governo prosegue il confronto sulla modalità di applicazione dell’obbligo di Green Pass, il tema scuote tutta la società italiana, dall’opinione pubblica ai media, dalla comunità scientifica alla politica. E proprio questi ultimi due mondi sembrano, a volte, toccarsi con difficoltà: la maggior parte delle dichiarazioni di esponenti della comunità scientifica sembra favorevole a Green Pass e/o obbligo vaccinale, mentre Salvini e Meloni ribadiscono che si tratta di una misura evitabile, almeno al momento. Le due posizioni a confronto.

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In ballo c’è molto, è evidente, ed è giusto che se ne parli: il Green Pass, di fatto, consentirebbe di evitare o ritardare nuove chiusure, riaprire luoghi di socialità a una platea più ampia, abbassare il rischio contagio nei luoghi al chiuso, persuadere il nocciolo di indecisi in merito alla vaccinazione; dall’altro lato, si tratta di sottomettere alcuni dei diritti fondamentali (come la libertà di circolazione o, secondo la proposta di Confindustria, il diritto al lavoro) a un’ulteriore regolamentazione, si tratta di dire che non sono diritti acquisiti per sempre ma diritti che in caso di emergenza possono essere rinegoziati. D’altronde, questo lo sapevamo già: lo abbiamo imparato nei numerosi lockdown, lo abbiamo imparato con l’imposizione della certificazione per gli spostamenti.

Anche allora abbiamo ceduto parte della nostra libertà per la sicurezza sanitaria di tutti e tutte. Ma questa volta c’è una differenza: senza una vera vaccinazione di massa, senza un abbattimento del rischio contagio, il pericolo è di tornare ad applicare chiusure a singhiozzo. Insomma, questa volta c’è un’arma in più, ma non basta capire come utilizzarla alle soglie di una nuova emergenza. Il tempo non c’è, soprattutto in piena campagna vaccinale. Per questo si parla ora di Green Pass, per questo si cerca di organizzare ora un piano diverso rispetto a quello del lockdown. Il tema, tuttavia, resta complesso. E ancora oggi, come ai tempi del lockdwon, si ripropongono due schieramenti: da un lato la prudenza della scienza, dall’altro l’aperturismo del centrodestra, che non è disposto a cedere su alcuni punti ad ogni costo.

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Green Pass, cosa ne pensa la Fondazione Gimbe

fondazione gimbe
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Ad esprimersi sulla modalità di estensione del Green Pass, oltre al Cts, sono diversi esponenti della comunità scientifica, a partire dalla Fondazione Gimbe, che nel suo monitoraggio settimanale sull’andamento della pandemia ribadisce: “In questa fase della pandemia il Green pass può giocare un ruolo cruciale: è efficace nel limitare la circolazione del virus e permette il rilancio in sicurezza di alcuni settori, prevenendo il rischio di un ritorno a eventuali restrizioni“. Tuttavia, “nel breve termine l’utilizzo del Green pass si scontra con alcuni ostacoli che devono essere rimossi“. Insomma, si tratta di uno strumento importante ma che presenta delle criticità. Quali? “L’attuale indisponibilità di vaccini discrimina chi è in attesa della vaccinazione, anche per la mancata gratuità dei tamponi in diverse regioni“.

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Inoltre “servono strumenti e risorse per verificare sistematicamente le certificazioni nei luoghi dove sono richieste, e “manca una legge sull’obbligo vaccinale per chi lavora in locali ed esercizi dove viene richiesto il Green pass“. Insomma, secondo la Fondazione il Green Pass può “avere un’applicazione immediata per i grandi eventi (sportivi, musicali, fieristici, congressuali) e mezzi di trasporto (aerei, navi e treni a lunga percorrenza), eventualmente anche per cinema e teatri; ma a breve termine il suo utilizzo per ristoranti e soprattutto bar è più complesso. Risulta invece più ardua una sua implementazione per il trasporto locale ed altri servizi essenziali (es. supermercati, farmacie, etc.)”.

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Poi ancora: “La ventilata ipotesi di modulare il green pass in relazione allo status vaccinale (prima dose o ciclo completo) e/o ai colori delle Regioni introduce ulteriori elementi di complessità difficili da gestire nella pratica”. All’interno di un quadro così complesso, il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta sottolinea: “Nell’infuocato dibattito sui possibili utilizzi del Green pass in Italia, annebbiato da posizioni politiche estreme si sono registrate inaccettabili e opportunistiche distorsioni di evidenze scientifiche e dati nazionali sull’efficacia dei vaccini pubblicati dell’Istituto superiore di sanità e di sicurezza pubblicati dell’Agenzia italiana del farmaco“. In breve: il Green Pass è uno strumento estremamente utile, ma va studiato bene per aggirare gli ostacoli sopraelencati, senza estremismi.

Cosa ne pensano Salvini e Meloni

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MeteoWeek.com (Photo by Ernesto Ruscio/Getty Images)

Ma sulla questione, al momento i leader di centrodestra Salvini e Meloni restano critici, per le ragioni più disparate: Matteo Salvini, ad esempio, oltre a condividere legittimi dubbi su cosa fare in caso di impossibilità a vaccinarsi per motivi di salute, avrebbe anche espresso l’intenzione – molto più generica – di non voler complicare la vita degli italiani. Sottinteso: il Green Pass complica la vita degli italiani. Ma è veramente così? Diversi esperti lo reputano uno strumento utile, indispensabile per evitare ulteriori complicazioni, come altre chiusure. Insomma, in merito alla questione vengono mischiati leciti dubbi a scetticismo di comodo, inquinando di fatto il dibattito pubblico. Inoltre, Salvini avrebbe esposto diversi dubbi sulla vaccinazione a tappeto: “Un paese normale mette in sicurezza chi ha più di 60 anni, questo come Lega stiamo chiedendo al governo. Ma quando sento qualcuno che parla di obbligo vaccinale per bambini di 12 anni io dico no, perché con la salute dei bambini non si scherza“. Una posizione di cui sarà necessario discutere, soprattutto in tema di obbligo vaccinale, soprattutto in tema di Green Pass.

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La sottile differenza tra dubbio e scetticismo

Come ci si comporterà con bambini e adolescenti? Stando a quanto riportato dal Fatto Quotidiano, è una domanda che si sta ponendo anche parte della comunità scientifica internazionale. Dopo la Germania, anche gli esperti del governo inglese – secondo il Comitato congiunto per le vaccinazioni e le immunizzazioni (Jcvi) – hanno stabilito che per bambini e adolescenti “i benefici della vaccinazione Covid-19 non superano i potenziali rischi”. Il Jcvi consiglia però il vaccino Pfizer ai bambini fragili, affetti da determinate patologie. E’ vero, dunque, la comunità scientifica sta elaborando diverse modalità di gestione di vaccini e pandemia, per evitare ulteriori ricoveri, morti e chiusure.

Ma Giorgia Meloni coglie la palla al balzo: “Io non sono una no-vax e non lo sono mai stata. Non sono contro la scienza. Ma penso che la scienza in questo momento abbia idee poco chiare…”. Poi ancora: “Sono favorevole a una campagna seria per i cittadini. I politici si assumino le loro responsabilità, non mettano un green pass che alla fine è un obbligo mascherato”. Si potrebbe rispondere, tuttavia, che quello che Giorgia Meloni chiama “idee poco chiare” sia in realtà un costante adattamento ai dati della pandemia e a condizioni di partenza che cambiano di volta in volta: la scienza non è un monolite granitico, ma uno sguardo matematico e scientifico in evoluzione. I rapporti rischi-benefici cambiano nel tempo, così come cambiano i contesti epidemiologici in cui questi rapporti vengono calcolati. In virtù di questo, a chi resta scettico verrebbe anche da chiedere: se si dice no alle chiusure, se si dice no al Green Pass e a qualsiasi modalità per incentivare il raggiungimento dell’immunità di gregge tramite i vaccini, quale sarebbe la strategia da adottare?

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