Cosa sono le cure domiciliari anti-Covid e cosa sappiamo fino ad ora

Al momento il protocollo ministeriale prevede l’assunzione di anti-infiammatori non steroidei e “vigile attesa” dell’evoluzione della malattia. Al fianco di queste linee guida ufficiali, però, si sono sviluppate terapie alternative, come quelle avanzate dal Comitato per le cure domiciliari, che ribadisce: altri farmaci, disponibili in commercio, riescono a evitare gli esiti più gravi del Covid-19. Ma quanto sono fondate le teorie del Comitato?

cure domiciliari
MeteoWeek.com (Photo by Alvaro Calvo/Getty Images)

Primo punto su cui è necessario alimentare qualsiasi ambiguità: una presunta cura domiciliare funzionante non esclude l’esigenza di una campagna vaccinale efficiente e più estesa possibile. I due metodi perseguono due obiettivi complementari, ma non sovrapponibili: sia una cura adeguata che il vaccino permettono di abbassare il rischio ospedalizzazione, ma la differenza consiste nel fatto che il vaccino consente anche di abbassare il rischio di trasmissione del virus, e quindi il rischio di generare nuove varianti. Insomma, il vaccino resta l’arma fondamentale che non può essere accantonata in base al funzionamento o meno delle cure. Altro punto: nel caso in cui ci malauguratamente ci si dovesse contagiare, una sorveglianza e una cura tempestiva possono evitare il rischio di incorrere nelle forme più gravi della malattia. Ma proprio a questo punto nasce la diatriba sollevata dal Comitato per le cure domiciliari, il gruppo di medici e dottori fondato ad aprile 2020 dall’avvocato Erich Grimaldi.

Il Comitato contesta le linee guida del ministero della Salute e rivendica di aver sperimentato sul campo protocolli di cura alternativi. Il Comitato, tuttavia, non ne rivela il contenuto. Stando a quanto riportato dal Manifesto, alla manifestazione di due giorni fa di fronte al ministero della Salute uno dei membri del Comitato avrebbe spiegato: “Si tratta di un protocollo mirato e individualizzato che richiede un contatto tra medico e paziente”. Ma sui dettagli del protocollo cala il silenzio: “Se diffondessimo i farmaci usati, i malati potrebbero procurarseli da soli e assumerli senza un supporto medico, è pericoloso. L’unica cosa che sappiamo è che un insieme di medici ed esperti ha deciso di sperimentare cure che si discostano dalle linee guida ministeriali e che le ritengono valide per la cura del Covid. Ma quali sono le linee guida del ministero della Salute, che hanno già sconsigliato l’uso di alcuni farmaci tipici delle terapie alternative?

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Le linee guida ministeriali

Stando a quanto ricordato dal sito di debunking La pagella politica, il 26 aprile 2021 il ministero della Salute ha diffuso le nuove linee guida per le cure domiciliari della Covid-19 riferite a pazienti con sintomi lievi, aggiornando le indicazioni del novembre 2020. Il ministero consiglia una strategia fondata sulla “vigile attesa”, cioè sul monitoraggio continuo del paziente e delle sue condizioni, e sull’eventuale utilizzo di farmaci antinfiammatoriin caso di febbre o dolori articolari o muscolari“. Nell’illustrare il protocollo consigliato, il ministero introduce anche specificazioni su quali siano i farmaci sconsigliati. Tra questi, l’idrossiclorochina, parola che sembra emersa più volte durante la manifestazione di supporto al Comitato per la cura domiciliare: “La sua efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti”, viene ribadito nelle linee guida.

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Le alternative proposte da alcuni medici

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MeteoWeek.com (Photo by Sean Gallup/Getty Images)

La maggior parte delle volte, i promotori delle cure domiciliari fanno appello a protocolli alternativi adottati sul campo da alcuni medici. Sui protocolli alternativi il dibattito sembra ancora aperto, visto che sono formati da un’insieme di strategie diverse: alcune si sono già dimostrate dubbie e rischiose, altre attendono ancora un’approvazione ufficiale delle autorità sanitarie. In entrambi i casi, non si tratta di sperimentazioni ad ampio spettro, ma di osservazioni empiriche raccolte sul campo. Alcune delle terapie più controverse (dall’idrossiclorochina alla vitamina D), comunque, sono state proposte dal Comitato cure domiciliari. Tuttavia, al momento lo schema terapeutico di cura domiciliare adottato dal gruppo di medici non è aperto al pubblico, proprio per evitarne un utilizzo autonomo del paziente. Per questo è difficile avere un quadro completo della bontà della terapia proposta: alcuni farmaci sono già stati considerati efficaci (come l’eparina o i cortisonici), altri sono dubbi, se non addirittura sconsigliati dalla autorità.

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Due questioni a parte

Questione diversa è lo studio curato da medici italiani pubblicato il 9 giugno 2021 sulla rivista online EClinical Medicine, associata alla testata britannica The Lancet, firmato anche da Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Lo studio, che comunque coinvolge un campione estremamente ristretto di 90 pazienti, propone delle cure domiciliari già accettate dalle autorità sanitarie, e non propone, come il Comitato Cure Domiciliari, anche trattamenti già sconsigliati (come l’idrossiclorochina). La linea “alternativa” di questo schema terapeutico consiste nelle tempistiche: lo studio propone un intervento più tempestivo rispetto a quello avanzato dalle linee guida del ministero. Ma anche in questo caso, mancano ulteriori dati scientifici in grado di dimostrare l’efficacia di questa terapia.

Inoltre, è necessario ribadire che il sistema di cura approvato dal ministero prevede già un meccanismo di cure domiciliari, a partire dal marzo 2020: le cure sono affidare alle Unità speciali di continuità assistenziale (le famose Usca), ovvero gruppi creati appositamente durante l’emergenza Covid per assistere i pazienti curati in casa, sorvegliarne il decorso e intervenire in caso di peggioramento. Il tutto, seguendo i collaudati protocolli accettati dal ministero.

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