Riforma della Giustizia, come l’ha presa il M5s durante e dopo le tensioni

L’accordo sulla riforma della Giustizia da parte del Consiglio dei ministri schiva gli esiti più estremi di una tensione che all’interno della maggioranza si stava facendo sempre più palpabile. Tuttavia, sia nelle dichiarazioni post-accordo, sia nei retroscena delle tante ore di interlocuzione, emerge un fattore: il M5s ha tirato la corda finché ha potuto, e lo stesso ha fatto Mario Draghi. Un braccio di ferro che ha messo sotto stress non solo tutta la maggioranza, ma anche parte del M5s. 

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L’accordo sulla riforma della Giustizia soddisfa tutti in maggioranza. Questa soddisfazione generale ha però un altro lato della medaglia: tutte le forze di maggioranza fanno a gara per intestarsi il merito dell’intesa, per rivendicare il loro contributo alla riforma e – in definitiva – per appuntarsi al petto una vittoria di fronte agli occhi dell’elettorato. Lo fa il Pd, che si presenta come intermediario, dicendosi felice dell’accordo raggiunto, dopo aver cercato di aprire alle richieste del M5s; lo fanno Lega e Italia viva, che invece ribadiscono la bontà di una riforma in grado di “archiviare Bonafede”; lo fa infine il M5s, che si intesta la concessione sui reati di mafia, con Bonafede che sottolinea di aver progettato lui alcune assunzioni di base della riforma. Ebbene, le dichiarazioni contrastanti al termine dell’accordo sembrano rivelare in altri modi l’insieme di tensioni di maggioranza che hanno percorso i retroscena dell’intesa.

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Cosa c’è dietro l’accordo

draghi riforma giustizia
MeteoWeek.com (Photo by Sean Gallup/Getty Images)

Stando a quanto riportato dal Corriere, Giuseppe Conte avrebbe messo in chiaro davanti ai pentastellati: “Quello di oggi è solo l’inizio di un confronto che vuole essere costruttivo con il governo, tenendo sempre bene in vista i principi irrinunciabili del Movimento. Ora dobbiamo accelerare, guardare già oltre e pensare alle prossime Comunali“. Eppure, non solo tutta la maggioranza, ma anche il M5s stesso sarebbe andato incontro a momenti di fibrillazione durante le trattative. Al summit della mattinata con i pentastellati, avrebbe preso il sopravvento la linea dura sulla ricerca di un compromesso, nonostante la consapevolezza – da parte di molti – dei rischi di una posizione oltranzista. Insomma, la linea prescelta sembrava essere, in un primo momento, quella dell’intransigenza, ma non tutti erano d’accordo. Si tratta, tuttavia, di retroscena smentiti dal Movimento, che in mattinata avrebbe rilasciato una nota per sottolineare la totale unità che unisce i pentastellati.

E sono sempre i retroscena a presentare una trattativa con un Mario Draghi sempre più impaziente, un Giuseppe Conte intento a tirare la corda il più possibile e un Luigi Di Maio intento a moderare fino al raggiungimento di un’intesa, alla quale – dicono in molti – si è arrivati anche sotto le spinte del ministro degli Esteri. Alla fine, l’accordo è stato raggiunto, con Conte che esclama: “Non è la nostra riforma ma abbiamo lavorato per dare un contributo a migliorarla“. Poi la stoccata alla Lega: “C’è stata anche un’altra battaglia, su tutti i processi collegati alla mafia. Sono davvero rammaricato per l’opposizione della Lega“.

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“Saremo compatti”

Ad ogni modo, nel M5s e in maggioranza è pace fatta, ribadisce Conte, “nella discussione generale saremo compatti“. Una frase con la quale, probabilmente, l’ex premier intende anche allontanare ogni spettro di insoddisfazione interna. A dare voce alle critiche è allora Alessandro Di Battista che, fuori dal Movimento, ribadisce duramente: “Leggo che probabilmente verranno esclusi i reati di mafia da questo meccanismo. Ergo non sarà più una legge salva-mafiosi ma (salvo la cancellazione dell’improcedibiltà stessa) resterà una legge salva-ladri, salva-colletti bianchi, salva-potenti e, soprattutto, salva-politici“. Che la dichiarazione incarni anche parte degli umori interni al Movimento? Difficile dirlo. Stando a dichiarazioni e retroscena, comunque, al netto di tutto, Conte avrà anche portato a casa parte delle richieste, ma il problema potrebbe restare ancora lì: manca una legittimazione completa, manca un ponte solido tra i pentastellati più governativi e quelli più radicali. Per costruirlo, Conte sembra aver scelto il “confronto costruttivo con il governo“, e quindi una linea di “pacifica rivendicazione” all’interno della maggioranza. Tanto che, stando a quanto riportato dal Corriere, lo stesso Giorgetti della Lega avrebbe avvertito il premier: Conte stava iniziando “l’azione di logoramento del governo“. Sarà veramente così?

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