Riforma della Giustizia, il governo ha trovato l’accordo: le novità

Il Consiglio dei ministri di ieri ha raggiunto una sintesi sulla riforma della Giustizia che ha diviso per diversi giorni la maggioranza e, in particolare, il M5s. Un comunicato stampa sul sito del governo ribadisce che “rispetto al testo approvato due volte all’unanimità dal governo” saranno introdotte due novità. Ecco quali. 

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Il Consiglio dei ministri e, in definitiva, la maggioranza di sostegno al governo sembrano aver raggiunto nella giornata di ieri 29 luglio una sintesi sulla tanto dibattuta riforma della Giustizia. Per chiudere la partita, dopo un’interlocuzione lunga e abbastanza accesa, il governo ha approvato due modifiche alla riforma, assecondando in parte le richieste del M5s. Dall’altro lato, sembra rispettata anche la priorità sottolineata dal presidente del Consiglio Mario Draghi: l’impianto di base resta lo stesso. L’accordo segna una svolta non da poco, visto che la riforma della Giustizia fa parte di uno dei pacchetti di leggi più importanti da emanare per avere accesso al Recovery. Ora il testo arriverà in Aula domenica primo agosto, dopo aver scongiurato un possibile colpo di testa del M5s, che aveva lasciato trasparire di non voler votare la fiducia in assenza di modifiche al testo.

Le tensioni (ormai superate) sulla riforma della Giustizia

Il testo della riforma, infatti, dopo una prima approvazione al Consiglio dei ministri all’inizio di luglio anche da parte dei ministri M5s, è stato rimesso in discussione dal leader in pectore Giuseppe Conte. L’ex premier, dopo un incontro con il presidente del Consiglio, aveva ottenuto una prima apertura per apportare cambiamenti alla riforma, ma senza cambiarne l’impianto di base. Un accordo che, a quanto pare, è stato ignorato dal M5s, che il giorno successivo ha presentato circa 900 emendamenti. A quel punto, l’annuncio di Mario Draghi: sulla riforma della Giustizia alla Camera viene posta la fiducia. IL M5s, a sua volta, aveva risposto insistendo sulle richieste già avanzate, lasciando trapelare (neanche troppo indirettamente) che in assenza di modifiche non avrebbe votato la fiducia al testo. Per questo l’accordo trovato dal Consiglio dei ministri nella giornata di ieri è fondamentale, per evitare di lasciar entrare il testo in Aula al buio. La ministra della Giustizia Marta Cartabia infatti fa ora sapere: la maggioranza ritirerà tutti gli emendamenti. Ma qual è il testo finale a cui è approdato il Consiglio dei ministri? E in cosa differisce rispetto al testo approvato a luglio?

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La natura della riforma

giuseppe conte
MeteoWeek.com (Photo by Ricardo Ceppi/Getty Images)

In primo luogo, va evidenziato: l’impianto di base del testo rappresenta una sorta di superamento della cosiddetta legge “Spazzacorrotti” voluta dall’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nel 2018, che aveva eliminato la prescrizione dopo le sentenze di primo grado, sia di condanna che di assoluzione. Il nuovo testo prevede invece cambiamenti sostanziali: la prescrizione resta invariata, ma vengono introdotti i tempi fissi per i processi, oltre i quali scatta l’improcedibilità. Insomma, l’idea è di passare dalla prescrizione del reato all’improcedibilità del processo. Quali sono questi tempi? Due anni per il processo d’Appello e un anno per quello in Cassazione. Ovviamente, la riforma prevede delle eccezioni, e su queste si è aperta la battaglia con il M5s. Le eccezioni sono per i reati gravi come mafia, terrorismo, traffico di droga, violenza sessuale, rapina, estorsione, sequestro.

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L’accordo raggiunto

A riassumere i cambiamenti dell’accordo trovato ieri, è direttamente una nota del governo che parla di due novità: la prima prevede che fino al 2024 la durata del del processo d’Appello si estenda per un ulteriore anno e quella del processo in Cassazione di sei mesi; la seconda novità prevede invece che in presenza di reati specifici sia possibile estendere la durata del processo oltre i limiti fissati, su richiesta del giudice. I reati in questione sono, per esempio, quelli di associazione mafiosa, scambio politico mafioso, associazione finalizzata allo spaccio, violenza sessuale e reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico. Parlando dell’accordo raggiunto, il leader in pectore del M5s Giuseppe Conte avrebbe riferito: non è la riforma del Movimento, ma ci si può ritenere soddisfatti. Così l’ex premier porta a casa una concessione sui reati commessi per un interesse della mafia per i quali – come ribadito da Repubblica – il processo può durare fino a sei anni in Appello e tre in Cassazione fino al 2024, poi a regime cinque anni in Appello e massimo due in Cassazione. Ammesse due proroghe in Appello e due per la Cassazione.

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