Plasma iperimmune: funziona o no? In Italia pochi studi, almeno secondo “l’indice H”

Il suicidio del dottor Giuseppe de Donno torna a far discutere sulla presunta efficacia del plasma iperimmune come terapia contro il Covid. In Italia gli scienziati screditano la terapia ma i nostri medici non avrebbero approfondito bene la questione: almeno secondo l'”Indice H”.

Giuseppe De Donno, ex primario di pneumologia all'ospedale Carlo Poma di Mantova, era stato un vero e proprio pioniere nello sperimentare il "plasma iperimmune", una terapia che consiste nel prelevare il plasma dal sangue di un paziente guarito dal Covid e sfruttarne gli anticorpi utilizzandolo come antivirale su una persona infetta. Questa terapia non è nuova, era già stata utilizzata infatti nel trattamento dell’Ebola nel 2014 e nella MERS nel 2015. Diversi volti noti della comunità scientifica italiana tra i quali Burioni e Bassetti si sono pronunciati più volte a sfavore del plasma iperimmune soprattutto dopo la pubblicazione dello studio Tsunami promosso da Iss e Aifa, preferendogli invece l’uso degli anticorpi monoclonali.

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Le critiche che vengono imputate sono quelle relative alla difficoltà nella raccolta di grandi quantità di plasma ma soprattutto quello di una dubbia efficacia sui pazienti. Oltreoceano però sembrano pensarla diversamente: forti, le parole usate da Antonhy Fauci, immunologo e consigliere della Casa Bianca, in un appello tv agli americani: “Se sei guarito dal Covid 19. Il tuo plasma ha gli anticorpi che potrebbero aiutare a combattere il virus. Per favore donate il plasma subito”

Nella puntata delle Iene del 27 aprile 2021, parlando di plasma iperimmune e del dibattito in corso nel mondo scientifico, è stato introdotto il concetto dell’indice H: una vera e propria classifica di autorevolezza che esiste nel mondo scientifico: il numero delle pubblicazioni scientifiche o delle citazioni all’interno di studi sono tradotte in punti e automaticamente in prestigio. Ecco che i nostri dottori, sicuri dell’inutilità del Plasma iperimmune, si ritrovano in fondo alla classifica. Rappresentanti del mondo scientifico statunitense come Arturo Cassedeval o Michael J Joyne, che si trovano invece nella zona alta della classifica, contestano “un’analisi superficiale” degli studi come "Tsunami" da parte dei nostri scienziati. Il Plasma non sarebbe infatti la soluzione definitiva ma può essere molto utile in una fase iniziale della malattia : è “un dato innegabile”, sostengono i dottori americani.

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“I risultati di Tsunami sono perfettamente in linea con gli altri studi. I pazienti trattati in stadio avanzato della malattia non hanno avuto nessun effetto positivo. Ma guardando il gruppo di quelli trattati subito si può notare l’efficacia. L’uso precoce e con tanti anticorpi migliora sempre la salute dei pazienti”, spiega Joyne. Di più, Casadevall illustra come il plasma può risultare efficace anche contro le varianti, contrariamente negli States è stata revocata l’autorizzazione a uno dei monoclonali perché sconfitto da una delle nuove varianti. Andrea Crisanti parla addirittura di una lobby che starebbe imponendo l'utilizzo dei monoclonali in Italia. Una somministazione generalizzata sarebbe impensabile - sostiene Daniele Focosi- virologo - ematolgo e co-investagatore di Tsunami - troppo caro per il nostro sistema sanitario pubblico. Una situazione inedita come quella di una pandemia impone un continuo dibattito serio col fine di trovare soluzioni sempre più efficaci, ma quello dell’indice H può essere uno strumento fuorviante per mettere a confronto pareri scientifici.  Questi strumento infatti è stato screditato più volte: Vladlen Koltun, chief scientist alla Intel’s intelligent systems lab ha pubblicato nel febbraio 2021 uno studio in cui sottolinea la sua crescente inconsistenza negli anni.

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