Argentina, Chiesa contro Stato: il dibattito sulla legalizzazione della cannabis

In Argentina la legalizzazione della cannabis è un tema caldo ed in queste ore ha messo di fronte i due poteri: la Chiesa e lo Stato. Il Capo dello Stato, Alberto Fernandez, ha dato segnali di apertura, sostenendo che “ognuno della propria vita ha il diritto di fare quello che vuole” La Conferenza episcopale, tuttavia, si oppone fermamente a tale ipotesi, definendola “ipocrita”. Lo ha ribadito in una nota a firma della Commissione per la Pastorale delle dipendenze e delle tossicodipendenze.

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La cannabis potrebbe essere legalizzata in Argentina – meteoweek.com

L’utilizzo della cannabis in Argentina è approvato – dal 2017 – esclusivamente per uso medicinale, tanto che il Codice Civile prevede una detenzione dai 5 ai 15 anni per coloro che ne fanno un uso illecito o vengono semplicemente trovate in possesso di essa. Le cose, tuttavia, potrebbero presto cambiare. Il Capo dello Stato Alberto Fernandez, infatti, nelle scorse settimane si è definito “liberale” sul tema. “Ognuno ha il diritto di fare della sua vita quello che vuole”, ha detto. Allo stesso tempo, però, ha voluto sottolineare la pericolosità dell’utilizzo di sostanze stupefacenti e il dovere costante del Governo di “evitare che eventuali danni a coloro che ne fanno uso mettano a rischio altre persone”.

Un segnale di apertura lieve ma importante, tanto che non è passato per nulla inosservato agli occhi della Chiesa. “La classe politica segue un’agenda che non è di questo tempo nei quartieri popolari”, hanno sottolineato in una nota i vescovi della Conferenza episcopale. La volontà dei clericali, in particolare, è quella di mettere in evidenza le condizioni di disagio in cui versano i più poveri – soprattutto tra i giovanissimi – proprio a causa del diffuso utilizzo di sostanze stupefacenti e di alcol. I temi prioritari sarebbero piuttosto ben diversi dalla legalizzazione della cannabis: tra gli altri l’educazione e l’approvvigionamento di beni di prima necessità come acqua ed elettricità.

La nota della Chiesa contro la legalizzazione della cannabis in Argentina

La Chiesa argentina ha riassunto il proprio parere nei confronti dell’ipotesi di legalizzazione della cannabis ad uso ricreativo in una nota a firma della Commissione per la Pastorale delle dipendenze e delle tossicodipendenze. Davanti “alla povertà e all’indigenza vissuta da centinaia di migliaia di adolescenti e giovani che non possono aspirare ad una formazione seria o ad un lavoro decente“, tale proposta “è ipocrisia“, soprattutto in relazione alle difficoltà che ogni giorno vivono i più poveri. “Quelli di noi che vivono e lavorano in questi posti, e non come turisti conoscono i danni causati dall’alcol e dalla marijuana ai bambini (molti dei quali muoiono a causa del consumo di paco, ovvero una sostanza tossica ricavata dallo scarto della lavorazione della cocaina ndr), agli adolescenti e ai giovani abbandonati al loro destino da uno Stato liberale. Senza un aiuto per sviluppare la loro vita come Dio vuole, essi finiscono intrappolati nella droga che li condizionerà per tutta la vita”.

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Il presidente Alberto Fernandez pensa alla legalizzazione della cannabis – meteoweek.com

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Da qui l’invito dei clericali a indirizzare l’attenzione su temi di maggiore rilevanza. “È necessario discutere sul modo reale con cui questi giovani possono avere accesso a un lavoro decente. La stragrande maggioranza dei giovani, dei nostri quartieri più poveri, non finisce la scuola superiore e non trova lavoro mentre nei nostri quartieri più poveri non ci sono acqua, fognature, elettricità e scuola e mentre vediamo sempre più minori tossicodipendenti finire in prigione, invece che nei Centri di recupero”. Infine, l’accusa non eccessivamente velata nei confronti del Governo: “C’è forse qualche altro business che noi argentini dovremmo conoscere e che si nasconde in questa specie di ricerca di voti giovanili con promesse sponsorizzate dal merchandising della cannabis?”. Il mondo politico, infatti, secondo la Conferenza episcopale, “continua a divertirsi con questioni da campagna elettorale”, piuttosto che preoccuparsi di sanare il sempre più ampio e sconcertante divario sociale “tra ricchi e poveri”.

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