Donna di 23 anni partorisce in carcere: con lei non c’era nessuno

Una giovane donna di 23 anni ha partorito in carcere, a Rebibbia, nella sua cella senza l’aiuto di nessuno. 

Una giovane donna di nome Amra, 23 anni, di etnia rom ha partorito in carcere, a Rebibbia, nella sua cella. Con lei non c’era nessuna ostetrica o nessun infermiere, solo la sua compagna di cella, anche lei incinta.

Partorisce in carcere da sola, madre e figlia stanno bene

Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha deciso di inviare gli ispettori a Rebibbia per comprendere meglio quanto accaduto lo scorso 1 settembre.  La giovane madre Amra,  fortunatamente sta bene come la sua quarta figlia e ha raccontato a Repubblica la sua storia. Pochi giorni prima di dare alla luce la bambina, la ragazza era stata ricoverata in una stanza dell’ospedale Pertini di Roma per una minaccia di aborto.

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La detenuta è tornata in carcere, dove ha partorito, assistita solo dalla sua compagna di cella in quanto, all’arrivo del medico, il parto era già concluso. Il Dap si è detto rammaricato per quanto accaduto: “Come responsabile dell’Amministrazione Penitenziaria, non posso che essere rammaricato per il fatto che una donna abbia dovuto partorire in carcere. Fortunatamente si tratta di una vicenda che si è conclusa senza alcuna criticità e ora sia la mamma che la neonata stanno bene”.

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Nella notte fra il 30 e il 31 agosto la detenuta si trovava nella propria stanza del reparto infermeria dell’istituto penitenziario, assistita dal medico e dall’infermiera in servizio. Al manifestarsi dei primi dolori e constatata l’urgenza di un ricovero, il medico si sarebbe allontanato per contattare l’ospedale e richiedere l`immediato intervento di una ambulanza. In quel momento la detenuta avrebbe partorito.

Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato della polizia penitenziaria Spp, ha dichiarato che: “Quanto è accaduto in una cella del carcere romano dovrebbe far vergognare la Ministra di Giustizia Cartabia, prima di tutto come donna. Inviare gli ispettori ministeriali dopo quanto è successo è tardivo, inutile e non può servire a salvare la coscienza”.

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