Massimo Galli: “Vado in pensione ma non abbandono la trincea. Potessi, non smetterei”

L’annuncio di Massimo Galli, professore ordinario e primario di Malattie infettive al Sacco di Milano: “A novembre vado in pensione. Ma non abbandono la trincea: mi dedicherò alla ricerca e allo studio della medicina”.

galli pensione - meteoweek.com
Galli, “vado in pensione ma non abbandono la trincea” (foto di archivio) – meteoweek.com

Massimo Galli, professore ordinario e primario di Malattie infettive al Sacco di Milano, ha annunciato che dal primo novembre 2021 andrà in pensione. A raccontarlo è stato lo stesso esperto, in un’intervista al Corriere della Sera. “Vado in pensione ma non abbandono la trincea. Noi medici, assieme ai magistrati, siamo quel genere di persone che non vorrebbero mai andare. Però a Milano si dice: ‘Zucche e meloni alla loro stagione’. E dietro di me c’è chi merita di prendere questo posto”. Punto di riferimento internazionale nella lotta contro l’Aids, con l’arrivo della pandemia Galli è oggi diventato anche il simbolo della lotta contro il Covid-19. Lo scorso 11 luglio ha compiuto 70 anni, e trova “giusto lasciare spazio ai giovani”. La sua battaglia, però, non finisce qui: “Mi dedicherò alla ricerca e allo studio della medicina”.

“Il Covid ha sottolineato la precarietà della vita umana”

Potessi, non smetterei. Però rispetto una legge che condivido e mi faccio da parte. La testa no, quella continuerà a lavorare: sono stato e continuerò ad essere un medico, interista e di sinistra”. Con queste parole commenta il suo traguardo alla pensione il primario Massimo Galli. Del resto, “questa pandemia lascia cicatrici. Ci sono lutti difficili da dimenticare e mi tornano in mente anche tanti amici che ho visto morire di Aids. Gran parte della mia vita professionale l’ho passata a cercare una cura che frenasse quella malattia”.

LEGGI ANCHE: Ladra improvvisata ruba borsa da un’auto: incastrata dalle telecamere e denunciata

E anche una volta andato in pensione, il virologo non smetterà di studiare. “La mia passione per la storia delle epidemie – spiega l’esperto – mi porterà ad approfondire un grande libro. Quel faldone che raccoglie tutti i morti di Milano dal 1452. Un territorio inesplorato da digitalizzare. E poi voglio scrivere libri: ho anche un romanzo nel cassetto. L’errore più grande in 20 mesi di pandemia? Il 20 febbraio del 2020 ero speranzoso che l’avremmo scampata, che il virus avrebbe girato largo: ragionavo sui parametri della Sars. Mi guardavo allo specchio e mi chiedevo come avrei potuto chiedere alla politica di fermare tutto e adottare misure restrittive. Inoltre, a maggio gridavo che stavamo togliendo le restrizioni troppo presto. Penso che abbiamo aperto in una finestra fortunata. Ci è andata di lusso, se la variante Delta fosse arrivata un pelo prima sarebbe stato un altro disastro”.

LEGGI ANCHE: Omicidio della 21enne a Vicenza: il presunto assassino si è tolto la vita

Un’epidemia così mancava da un secolo – conclude Galli – e ha sottolineato la precarietà della vita umana. È come se la gente pensasse che con la tecnologia la medicina avrebbe potuto salvarci da tutto, che avremmo vissuto sempre a lungo felici e contenti. Invece i giovani d’oggi la racconteranno ai loro nipoti. Sperando che la memoria li aiuti a costruire un sistema sanitario con le spalle abbastanza larghe ad evitare che una cosa del genere si ripeta troppo presto”.

Impostazioni privacy