Se aumentano gli sbarchi aumenta la criminalità in Italia? Il pensiero di Salvini alla prova dei fatti

Che la migrazione clandestina sia connessa all’aumento dei delitti e di episodi criminosi sul territorio italiano è uno dei grandi mantra della destra rappresentata da Meloni e Salvini. I dati però, mostrano una realtà molto diversa

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“I numeri parlano chiaro: con il ministro Lamorgese gli sbarchi si sono moltiplicati per otto rispetto a quando io ero ministro. Dal primo gennaio al 30 agosto sono sbarcati già 38.788 clandestini: un rischio sanitario e per la sicurezza”. (31 agosto)

Questo uno degli ultimi “diktat” con cui Salvini ha ammonito sia la Ministra degli Interni che la maggioranza di governo di cui fa parte: se la Lega non assiste a un deciso cambio di passo per quanto concerne la gestione della migrazione clandestina e della criminalità interna, il Carroccio non potrà che prenderne atto.

Da qualche settimana, Salvini chiede con insistenza un vertice a tre con Lamorgese e Draghi. Incontro che, fino ad adesso, il premier ha deciso di rimandare, probabilmente per non mettere in difficoltà la Ministra degli Interni. La sensazione comune è che la Lega punti a sfiduciarla, e questo non sembra un punto su cui Draghi è disposto a cedere. Vi è anche da dire che, criticare un ministro dell’interno che non rappresenta espressamente la destra, è quasi un passaggio obbligato per Lega e Fratelli d’Italia per continuare a mantenere viva l’attenzione degli elettori. Non è detto dunque, che l’intenzione del Carroccio sia realmente quello di sfiduciare la Lamorgese, quanto piuttosto di rimarcare ciclicamente la differenza che esiste tra Salvini Ministro dell’Interno e tutti gli altri. 

Che immigrazione e sicurezza siano i due pilastri politico-ideologici della destra da oltre un decennio, non è certo un mistero. A coronamento di una campagna elettorale il cui mantra era Prima gli italiani, e che lo ha portato ad essere l’indiscusso protagonista del primo governo gialloverde, Salvini ha progressivamente costruito un binomio, quello tra immigrazione clandestina e criminalità, di cui tende ormai a parlare e considerare alla stregua di un mero dato di fatto

Gli attacchi di questi giorni alla Lamorgese ne sono un’ulteriore conferma.

Fermare gli sbarchi è il primo deterrente per far diminuire la criminalità sul territorio. Per mettere fine a tutti quei fatti di cronaca nera perpetrati da stranieri e che commentiamo tutti i giorni: questo, per quanto esemplificato, il pensiero leghista sul tema. 

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È stupido pensare che Salvini abbia torto a prescindere. Che i flussi legati alla migrazione clandestina finiscano in un modo o nell’altro per danneggiare la struttura socio-economica del paese è realmente un mero dato di fatto. D’altronde, già la prospettiva entro cui utilizziamo i termini clandestini e irregolari indica una deviazione dalla normale prassi giuridica che abbiamo stabilito come unico processo di integrazione degli stranieri che arrivano sul nostro territorio. La stessa sinistra in fondo, e in particolar modo con l’esperienza all’interno di Minniti, pur deplorando i contenuti salviniani sul tema, ha comunque portato avanti una politica di difesa dei confini ben poco dissimile da quella intrapresa in seguito dal Carroccio.

Molto più complicato invece, dare ragione a Salvini nel momento in cui si ostina a rimarcare con così tanta convinzione ( o ossessione?) il legame tra l’aumento dei migranti irregolari nel nostro paese e un conseguente (termine che in questo specifico caso nella retorica leghista coincide con scontato) aumento della criminalità. 

Un legame che, guardando i numeri, semplicemente non esiste.

Numeri che possono essere consultati nell’ultimo rapporto Istat denominato “Delitti, imputati e vittime di reati: la criminalità in Italia attraverso una lettura integrata delle fonti di giustizia”.

Un documento che ci mostra in primo luogo come non esiste alcun aumento significativo dei delitti che possa fungere da campanello d’allarme dell’insorgere di un nuovo fenomeno in cui i flussi migratori incontrollati producono come diretta conseguenza un aumento dei crimini sul territorio italiano. Se questa gestione incontrollata dei flussi migratori avesse portato nel nostro paese una piccola orda di persone pronte a commettere reati (e in tal caso la rerotica di destra preme particolarmente sullo spaccio di stupefacenti e le violenze sessuali) ci saremmo dovuti per forza di cose confrontare con un fenomeno che emerge e si manifesta in primo luogo nei numeri, nei dati che abbiamo a disposizione.

Invece nulla.

Gli stranieri che commettono reati nel nostro paese sono circa il 30 per cento delle persone condannate in Italia per questi delitti. Una percentuale che è sempre rimasta stabile nell’ultimo decennio, senza mai risentire degli anni in cui i flussi migratori sembravano realmente fuori controllo e pronti a far implodere il paese secondo una certa destra. Ma non solo, perché si tratta di una percentuale che anche nella sua composizione è rimasta stabile da inizio anni duemila. A commettere reati, in quel 30 per cento di stranieri, sono principalmente cittadini di nazionalità rumena, marocchina e alabanese. Il motivo? Come spiega l’Istat si tratta delle rappresentanze nazionali più numerose che vivono nel nostro paese. 

“I condannati stranieri sono la controparte di quelli italiani, e la loro percentuale risulta sostanzialmente stabile intorno al 30 per cento, con lievi variazioni nei primissimi anni della serie. Tra i condannati nati all’estero nelle prime tre posizioni dal 2000 si trovano sempre i nati in Romania, Marocco e Albania (ex Jugoslavia nei primissimi anni al posto della Romania), fenomeno legato al fatto che le persone provenienti da questi tre Paesi rappresentano le cittadinanze più numerose presenti in Italia; nelle due posizioni successive si sono alternati nel tempo i condannati nati in Tunisia e in Senega”

(Rapporto Istat  “Delitti, imputati e vittime di reati: la criminalità in Italia attraverso una lettura integrata delle fonti di giustizia”, capitolo “I condannati: un profilo” pag.137)

Nulla che possa in alcun modo ricollegarsi agli sbarchi di questi anni. Non esistono dati a supporto della teoria di Salvini e dunque, continuare a pensare che l’aumento dei migranti clandestini di questi anni abbia realmente inciso sull’aumento di delitti, di qualsiasi natura siano questi, nel paese, è semplicemente falso.

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Questo non vuol dire che la migrazione clandestina non sia un problema che nulla abbia a che fare con la sicurezza di un territorio. Chi scrive ad esempio può raccontarvi il destino di chi arriva in Sicilia e nella criminalità organizzata trova in alcuni casi, per tanti motivi che qui non ha senso sviscerare, l’unico modo per sostentarsi. È giusto riflettere e cercare soluzioni al fenomeno della migrazione clandestina perché è, al contempo, l’unico modo per evitare le ingiustizie subite di chi arriva qui per scappare da guerra e povertà e trova purtroppo l’habitat perfetto per incattivirsi, per una vita fatta di stenti in cui sopravvivere diventa una sfida quotidiana. 

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I dati però ci dicono l’Italia non diventa un paese più sicuro se domani fermiamo gli sbarchi per sempre. I delitti non diminuiranno, e potrebbe essere interessante per Salvini prenderne atto. 

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