Quella tra Gheddafi e l’Italia è stata una storia controversa, iniziata 50 anni fa

A distanza di un decennio, resta ancora difficile comprendere i motivi che portarono l’Italia ad appoggiare la Nato nell’operazione che uccise il rais, gettando la Libia in un caos politico da cui non è ancora uscita

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Il 20 ottobre del 2011 Mu’ammar Gheddafi era in viaggio nel deserto. 

Era scappato pochissimo tempo prima da Sirte, dopo aver capito che la resistenza sarebbe caduta di lì a poco. Di qui la decisione di fuggire, cercare riparo e riorganizzare le sue forze militari per reagire ai ribelli supportati dalla Nato. 

Difficile però scappare, quando ad inseguirti è il massimo della potenza tecnologico-militare che l’Occidente è in grado di mettere in campo.

I droni inviati dagli Stati Uniti su mandato di Obama riuscirono infatti a rintracciare il convoglio in cui viaggiava ed avvertire le milizie francesi più vicine che lo attaccarono immediatamente. Subito dopo arrivarono sul luogo le forze del Cnt, il Corpo militare di Transizione, formatosi dopo le sommosse popolari che diedero inizio alla guerra civile contro Gheddafi. Colui che per mezzo secolo aveva governato la Libia venne catturato, anche perché durante l’attacco francese era rimasto gravemente ferito alle gambe. Tutti i media occidentali ebbero accesso al video della sua cattura che lo mostrava tramortito mentre i ribelli lo portavano via. Gheddafi morirà cinque giorni dopo, dopo aver subito infiniti stupri e torture da parte dei suoi carcerieri.Il suo cadavere fu inizialmente trasportato a Misurata per essere esposto alla popolazione in segno di vittoria. In seguito, verrà invece trasferito e sepolto in una località segreta il 25 Ottobre.

La stessa data di oggi, giorno del decimo anniversario della sua morte. 

​Nel 1969 Gheddafi conquista il potere in Libia, e i rapporti diplomatici con l’Italia sono fin dal principio molto tesi. L’anno dopo infatti, il rais decide di cacciare via dal suo territorio tutti gli italiani presenti confiscando i loro beni. In quel momento l’Italia, a causa del suo passato coloniale nello stato, venne apertamente additata come un nemico e la “cacciata” dal paese ebbe una forte valenza simbolica all’interno della nazione. Un decennio Gheddafi si scontra di nuovo con il governo italiano: arriva infatti la questione dell’insolvenza libica su alcuni crediti italiani. Debiti accumulati dalla nazione nei confronti di imprenditori italiani a partire dagli anni ottanta. A bloccare i pagamenti vi erano in realtà motivazioni e vertenze di natura amministrativa, e non c’era una reale volontà politica di non corrispondere ai nostri connazionali il dovuto in tal senso. 

Ma la vera crisi tra Gheddafi e il governo italiano arriva nel 1986, quando gli americani decidono di bombardare Tripoli e Bengasi. La risposta dell’esecutivo libico è infatti quella di lanciare un missile contro l’isola di Lampedusa. Uno scontro militare nato da diversi contrasti con l’Occidente, ma in cui il Golfo di Sirte ha rivestito un ruolo di primo piano. Gheddafi ha infatti sempre rivendicato la sua sovranità su quel tratto, trovando però la feroce opposizione della comunità internazionale che ha sempre riconosciuto come illegittima la sua pretesa. Alla fine degli anni ottanta, la Libia si ritrova quasi completamente isolata da un punto di vista dei rapporti internazionali. Anche perché nel 1986 iniziano le prime sanzioni contro il regime di Gheddafi: la Comunità Europea decide infatti di proclamare un embargo sulle armi ma anche il congelamento di alcuni fondi libici di denaro all’estero. Nel 1992 la Comunità Internazionale vieta anche i collegamenti aerei diretti con Libia, e a quel punto ci si chiede più che altro quando inizierà davvero la guerra tra occidente e Libia e non più se questo accadrà. 

Invece, quasi a sorpresa, a inizio duemila, inizia un graduale opera di pacificazione tra le parti. Il governo libico da il via a una svolta storica nella sua politica estera: condanna l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq e dichiara di aver messo fine a qualunque tipo di sostegno o appoggio politico nei confronti del terrorismo internazionale. Una scelta che premia il dittatore libico. Nel 2003 infatti l’Onu ritira le sanzioni introdotte, e subito l’Unione Europea decide di mettere fine all’embargo commerciale contro la nazione.  L’Italia ebbe un ruolo fondamentale in quest’opera di mediazione. Nel 1998 viene infatti firmato a Roma un documento che verrà conosciuto con il nome informale di Comunicato Congiunto o di Accordo Dini-Mountasser. Un vero e proprio punto di svolta nella diplomazia tra i due paesi in quanto prevedeva la realizzazione di alcuni progetti in Libia direttamente finanziati dall’Erario Italiano. Il documento non venne mai ratificato in parlamento, ma già solo il fatto che queste proposte vennero messe per iscritto, fecero chiaramente intendere alla Libia che era possibile iniziare un nuovo tipo di dialogo con il nostro paese. 

All’interno delle alte sfere della politica italiana, si iniziava poi a parlare di una questione divenuta in seguito nota al pubblico con il nome di “Grande Gesto”. Si rifletteva cioè sulla possibilità di accontentare ancora di più i libici che non avevano dimenticato il Comunicato Congiunto e la possibilità di ricevere aiuti economici nel nostro paese che sancissero un nuovo dialogo. Tutto questo si concretizzò nella costruzione di un ospedale oncologico. Un impegno che venne messo per iscritto il 28 Ottobre del 2003 durante un incontro ufficiale tra Berlusconi e Gheddafi. Il rais però pretendeva di più dal nostro paese, e oltre all’ospedale chiese anche la costruzione di un’autostrada tra il confine tunisino ed egiziano. Una proposta che non venne mai realmente accolta, seppur la politica italiana ragionò sul tema molto tempo, arrivando anche a dare il via ad alcuni trattati negoziali per discuterne.

In Berlusconi Gheddafi pensava di aver trovato un alleato e anche un amico. L’ex premier, che fino al 2011 è stato di sicuro il più importante esponente politico del nostro paese nonché il più longevo premier della nostra storia, aveva sempre avuto la capacità innata di conquistare accentratori di potere come Putin e Gheddafi, in primo luogo sotto l’aspetto umano. E questa è una caratteristica che anche in seguito gli verrà ampiamente riconosciuta. Sulla base di questa ritrovata simpatia con l’Italia, Gheddafi decide nel 2004 di cambiare il nome della Giornata della Vendetta, ovvero quel fatidico giorno del 1970 in cui decise di espellere gli italiani dalla Libia e confiscare i loro beni. Il nuovo nome era inequivocabile: la giornata dell’amicizia. Un gesto fortemente simbolico, che annoverava l’Italia come un nuovo interlocutore privilegiato del Rais. Ma è un’illusione che dura pochissimo, perchè l’anno dopo Gheddafi annulla la sua decisione. L’Italia non avrebbe rispettato alcune promesse a suo parere, e per cui il 7 ottobre torna ad essere il giorno della vendetta. Fino al 2008, quando il dittatore libico abolisce del tutto quella festa.

Quello è infatti l’anno in cui viene firmato il Trattato di Bengasi e forse stavolta Gheddafi si era realmente convinto che le relazioni diplomatiche con l’Italia, ma più in generale con l’Occidente, potessero finalmente normalizzarsi. 

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E infatti il 10 Giugno del 2009 Gheddafi visita per la prima volta il nostro paese. 

Un idillio che dura fino allo scoppio della guerra civile in Libia, e alla decisione della Nato di supportare i ribelli e dunque, destituire Gheddafi dal suo lungo regno. Berlusconi ha sempre dichiarato che non era d’accordo e che la sua decisione di appoggiare l’Onu fu “colpa” di Napolitano, che sospinse molto in tal senso. 

Di lì a poco, il rais verrà catturato e ucciso.

Che la sua morte abbia rappresentato uno spartiacque nella storia tra l’Occidente e la Libia è un semplice dato di fatto. Tutti gli esperti di politica internazionale hanno sempre osservato il suo lunghissimo regno, con la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un dittatore, ma anche a un politico che con la sua opera di mediazione riusciva a tenere insieme una nazione estremamente frammentata, abitata da tribù tra loro molto diverse e in conflitto. E infatti, la sua morte ha finito con il sancire la perenne instabilità politica della Libia.

Un problema che scontiamo ancora adesso e che rende il decimo anniversario della sua dipartita ancora più amaro. Gheddafi era un dittatore, ma in Libia non è certo arrivata la democrazia dopo la sua morte. 

A Berlusconi, che Gheddafi considerava un amico, il rais scrisse una lettera prima di morire:

“Caro Silvio sono rimasto sorpreso per l’atteggiamento di un amico con cui ho concluso un trattato di amicizia favorevole ai nostri due popoli. Avrei sperato che da parte tua ti interessassi almeno ai fatti e che tentassi una mediazione prima di dare il tuo sostegno a questa guerra. Non ti biasimo per ciò di cui non sei responsabile perché so bene che non eri favorevole a quest’azione nefasta, che non fa onore a te e al popolo italiano”.

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