Perché Draghi e sindacati litigano sulle pensioni. E come ne uscirà il premier

Sulle pensioni, la mediazione del governo Draghi presentata ieri nella Cabina di regia vorrebbe di cercare un compromesso con i sindacati: sul tavolo resta Quota 102, ma solo per il 2022. La legge di Bilancio dovrebbe essere varata oggi. In questo modo il governo intende quanto meno temporeggiare sulle frizioni dei giorni scorsi. Ma qual era (e quale resta) il pomo della discordia sulle pensioni?

mario draghi
MeteoWeek.com (Photo by Drew Angerer/Getty Images)

Sulle pensioni Mario Draghi cerca il compromesso, almeno momentaneo: il premier ha intenzione di procedere al varo della legge di Bilancio proprio oggi in Consiglio dei ministri e sul tavolo appare la proposta di superare Quota 100 adottando Quota 102 (cioè pensione a 64 anni di età e 38 di contributi) nel solo 2022. Non si tratta di una soluzione definitiva, semmai di un rinvio su una riforma più corposa per la quale ci sarà modo di trovare una soluzione condivisa. Sia che lo faccia il governo Draghi, sia che lo faccia un altro governo. Il segnale distensivo rivolto ai sindacati arriva dopo la rottura al tavolo di martedì sera sulla legge di Bilancio: il premier ha abbandonato il confronto adducendo come motivazione “un impegno in programma“, probabilmente una giustificazione per trattare con diplomazia l’evidente nervosismo. Ora, con un nuovo compromesso-temporeggiamento sul tavolo, si biforcano le interpretazioni, e sarà necessario capire l’umore dei sindacati di fronte a questa nuova proposta. La durata breve di Quota 102 nel solo 2022 aprirebbe alla possibilità di una riforma più mirata per la flessibilità in uscita, prestando attenzione alle diverse tipologie di lavoratori e smussando la rigidità delle quote. La Lega, tuttavia, sembrerebbe interpretare il compromesso come un passaggio di testimone: secondo il Carroccio Draghi vuole consegnare al prossimo governo, nel 2023, la bega o l’onore (dipende dai punti di vista) di rimettere mano all’intera legge Fornero.

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Tra Draghi, sindacati e forze politiche

Insomma, in ogni caso il compromesso sul tavolo allude a una possibilità: il prossimo anno si discuterà di nuovo di flessibilità in uscita. Per i sindacati, dunque, non arriva nessuna promessa su una riforma del sistema Fornero, ma la proposta sul tavolo dà tempo e modo di tenere aperto un tavolo di confronto su una modifica delle pensioni più ponderata e sostanziosa. In questo modo il premier intende calmare le acque di un confronto politico già in fibrillazione, anche per altre questioni: sul tavolo, tra le altre cose, c’è una modifica del Reddito di cittadinanza (che crea qualche malumore nel M5s), l’eliminazione del cashback, la proroga del bonus facciate ma con una riduzione della percentuale dal 90% al 60%, circa 8 miliardi di taglio delle tasse, su cui si deciderà solo in un secondo momento. In breve, la strategia di Draghi sembra chiara: portare a casa il prima possibile i dossier su cui si trova un accordo (anche se con qualche malumore), e rimandare a un secondo momento i dossier su cui i toni si alzano maggiormente. Tutto questo, nella speranza che i malumori messi a tacere e quelli manifesti non si incrocino. Per questo il premier ha avuto bisogno di placare le tensioni con i sindacati, per questo cerca di mantenere il punto mentre ribadisce di rispettare il ruolo dei sindacati.

Voi sindacati avete un ruolo molto importante“, ripete il premier all’incontro con i leader sindacali in occasione del G20 sindacale. “La tutela dei più deboli, ovunque essi siano, ci unisce. Insieme, dobbiamo fare in modo che innovazione e produttività vadano di pari passo con equità e coesione sociale. E farlo pensando non solo ai lavoratori di oggi, ma anche a quelli di domani“. L’ultimo passaggio non è da poco: Draghi resta convinto che sia necessario un passaggio a un sistema contributivo completo, un ritorno “alla normalità” (alla Fornero) soprattutto per evitare di gravare troppo sulle nuove generazioni. Stando a quanto riportato dal Corriere, in occasione del difficile incontro con i sindacati di martedì, Draghi avrebbe ribadito come “possiamo discutere di quota 101, 102 o anche 102,5, ma il percorso progressivo verso il sistema contributivo non cambia. Indietro non torniamo, perché il sistema previdenziale retributivo ha creato delle vulnerabilità che tutti anche all’estero ci rimproverano“. Poi ancora: “Non mi aspettavo un intervento tanto polemico, con 3 miliardi sugli ammortizzatori sociali e 8 sulla riduzione delle tasse, mi sarei aspettato un atteggiamento diverso. La manovra è un pacchetto corposo di misure”. Insomma, per Draghi la linea non si cambia, al massimo si rimanda. Ma cosa chiedono veramente i sindacati?

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Cosa chiedono i sindacati

maurizio landini
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A riportalo è l’Agi, che recupera una piattaforma unitaria inviata da Cgil, Cisl e Uil al governo sette mesi fa per chiedere una maggiore flessibilità in uscita e una maggiore tutela dei giovani. Insomma, una “riforma vera” delle pensioni e non interventi “sperimentali o temporanei” come Quota 100. Tra gli altri punti, nella piattaforma si legge, proprio a proposito di giovani: “Creare una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi previdenzialmente anche i periodi di disoccupazione, di attività di cura in ambito familiare, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale. Ridurre i vincoli che limitano l’accesso alla pensione per i più giovani (un importo minimo di pensione non inferiore a 2,8 e 1,5 volte l’assegno sociale per accedere alla pensione anticipata e di vecchiaia nel sistema contributivo)”.

A spiegare meglio le richieste dei sindacati sarebbe stato lo stesso segretario dei pensionati della Cgil Ivan Pedretti, che ha chiarito, stando al Manifesto: “Nessuno vuole togliere la Legge Fornero, bisogna modificare i punti di strettoia e chiusura della Legge Fornero. Siamo in un sistema contributivo, che normalmente dovrebbe essere flessibile. Il sistema rigido colpisce le donne perché hanno meno contributi, i lavoratori delle piccole imprese e le persone che fanno lavori usuranti. Se il tema è Quota 102 sappiamo già chi può andare in pensione: 10-12 mila lavoratori stabili del pubblico impiego prevalentemente del nord, non ci saranno donne. In più 12 milioni di pensionati non arrivano a mille euro”. Insomma, anche per i sindacati il sistema contributivo non sarebbe in discussione. Piuttosto lo è la sua rigidità. E il ruolo da attribuire alle pensioni: è sbagliato tagliare sulle pensioni per mettere al centro i giovani, ripetono i sindacati e parte della sinistra. Così si crea un conflitto generazionale che non va alla radice del problema. “Mettere al centro i giovani vuol dire cancellare il lavoro precario“, ripete il segretario della Cgil Landini.

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Al cuore della polarizzazione

elsa fornero
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Non sfugge, a questo punto, che la polarizzazione riguarda proprio il come aiutare i giovani: per Draghi e Elsa Fornero lo si fa anche attraverso una stretta sui pre-pensionamenti, tornando ai 67 anni di età per la pensione e realizzando un vero sistema contributivo, mentre per sindacati e parte della sinistra lo si fa attraverso una riforma del mercato del lavoro e attraverso forme di tutela che mettano al riparo i giovani da un eventuale contributivo rigido (il sotto-testo è: se i giovani lavorano in maniera precaria, spesso discontinua, spesso sottopagata, come potranno versare i contributi che poi finiranno nella loro pensione?). Difficile uscire da questa dicotomia di vedute, sottolineata anche dalla lettera che Elsa Fornero ha inviato al leader della Cgil: “La ritengo persona credibile, coraggiosa, capace di assumersi responsabilità e anche di mobilitare la sua organizzazione per sostenere una strategia di contrasto al declino, incentrata sul lavoro, di giovani, donne e anche lavoratori magari anziani ma ancora in grado, per buona salute, di contribuire al benessere collettivo (oltre che all’aumento della propria pensione) . Mi dirà: che cos’ ha a che fare tutto questo con l’uscita da quota 100 e con la ripresa di un percorso di innalzamento dell’età pensionabile? Rispondo che è impossibile non vedervi il venir meno di un patto economico tra le generazioni che proprio nel sistema previdenziale trova una delle sue maggiori manifestazioni. Non sarebbe responsabile, ora, effettuare nuovamente scelte in tale materia senza tener conto di questa sconfortante situazione”. E’ evidente, ormai, che al centro della polarizzazione ci siano vedute politiche, più che contabili. E come sempre, in Italia, le questioni eminentemente politiche vengono rimandate a tempi migliori.

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