Si chiudono i lavori della Cop 26. Il risultato? Intese generiche che non serviranno a salvare il pianeta

Dopo due settimane, si è conclusa la Conferenza Onu sul clima e le intese raggiunte non sono in alcun modo sufficienti ad affrontare in modo risolutivo l’emergenza climatica.

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Si è conclusa la conferenza Onu sul clima che quest’anno si è tenuta a Glasgow, e le polemiche naturalmente non mancano. Sono in tanti infatti a sostenere che ci troviamo di fronte all’ennesimo fallimento della politica mondiale nella lotta al cambiamento climatico. Gli impegni annunciati non sarebbero in grado, secondo molti esperti, di apportare dei correttivi significativi per poter diminuire l’inquinamento e raggiungere l’obiettivo di restare sotto i 1,5 gradi centigradi entro metà del secolo. Anche perché alla fine, Cina e India, tra le nazioni che più hanno frenato su una transizione ambientale troppo(?) veloce, sembrano averla avuta vinta rispetto a quelle che erano le richieste iniziali avanzate dagli altri paesi. Se all’inizio della Cop26  vi era la convinzione di poter strappare un accordo decisivo sullo stop ai combustibili fossili, alla fine ci si è invece invece accordati su una progressiva riduzione, senza però mettere nero su bianco un timing preciso di quando questo possa avvenire.

Nel documento finale che ha segnato il termine dei lavori della Cop26, si invitano le nazioni firmatarie a tagliare le emissioni di gas serra del 45 per cento entro il 2030. Nulla di realmente concreto è stato però messo nero su bianco per quanto riguarda un vero stop definitivo alla produzioni di conbustibili fossili, e si parla, in modo fin troppo generico, di poter realizzare questa ambizione intorno a metà secolo. Un proposito che sembra più scritto per non scontentare l’opinione pubblica, e che non sembra testimoniare in alcun modo una vera intesa tra le parti sul tema. 

C’è stata poi la decisione, quantomeno controversa di Stati Uniti e Unione Europea che nei fatti si sono rifiutati di accordare la creazione di una struttura che che permetta ai paesi più vulnerabili e a basso reddito, di accedere a dei fondi specifici per i danni causati da eventi direttamente correlati al cambiamento climatico.

Nessuno stop reale alla produzione di combustibili fossili, ma soltanto un’intesa su ipotetiche riduzioni

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Qualcosa per quanto invece riguarda l’entità degli stanziamenti economici si è fatto, ma anche qui qualche dubbio è legittimo. Entro il 2025, i paesi firmatari si sono impegnati a trovare dei fondi pari a 600 miliardi di dollari, ma si tratta di un impegno molto vago, in cui non è stato nemmeno stabilito dove trovare queste risorse economiche. In proposito infatti inizieranno dei colloqui tra gli stati, ma solo a partire dal 2022. Impietoso  il commento di Stefano Ciani, presidente nazionale di Legambiente è impietoso: “Serviva a consentire una rapida ricostruzione e ripresa economica dei territori colpiti, evitando così anche il preoccupante aumento dei profughi climatici”. 

E poi c’è naturalmente la questione relativa ai combustibili fossili. A fare particolarmente scalpore è stato in tal senso l’ostruzionismo dell’India, con il Ministro dell’Ambiente Chupender Yadav che ha ribadito come non sia compito dell’Onu emanare direttive sulla composizione delle fonti energetiche di una nazione.  l’India sostiene invece la necessità di un “uso responsabile” dei combustibili fossili, e non invece una loro eliminazione. 

L’Italia ha annunciato la sua adesione al Boga, ma non si tratta di impegni vincolanti

Durante la Cop 26 l’Italia ha inoltre annunciato la sua adesione al Boga, la Beyond Oil and Gas Alliance. Un’alleanza nata durante questa conferenza sul clima in cui le nazioni firmatarie si impegnano ad abbandonare la produzione di petrolio e gas. L’adesione dell’Italia è arrivata un po ‘a sorpresa considerando che fino a poche ore prima della conferenza stampa che ne ha sancito la nascita, non figurava tra i paesi aderenti. Poi, poche ore prima dell’annuncio ufficiale della nascita di Boga, è stato il Ministro Cingolani ad annunciare l’entrata dell’Italia in questa nuova intesa sul clima. C’è però chi critica questa scelta sostenendo che nei fatti il nostro paese ha deciso di assumersi uno degli impegni meno vincolanti sul tema. L’alleanza Boga richiede infatti impegni molto vaghi nella lotta allo sto a gas a petrolio.

Cop 26, l’accordo raggiunto tra Stati Uniti e Cina

Un’altro annuncio a sorpresa arrivato durante la Cop 26, è stato l’accordo siglato tra Stati Uniti e Cina. Un’intesa che ha spiazzato molti stati, in quanto dopo la firma di Aukus, i rapporti diplomatici tra le due superpotenze si sono fatti molto tesi, anche perché più volte Biden in queste settimane ha spronato Taiwan, la provincia ribelle cinese, a passare dalla parte dell’Occidente. Proclami che hanno mandato su tutte le furie il governo di Pechino. 

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La Germania poi è stata particolarmente critica sul documento finale della Cop 26, dichiarandosi delusa dalle intese raggiunte. Il governo tedesco aveva infatti durante i lavori, insistito sulla necessità di vincolare i paesi più inquinanti ad impegni più stringenti, in particolar modo per gli obiettivi posti entro il 2030. Nulla di questo è stato raggiunto.

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