Killer di Utoya, vittime tormentate con lettere dal carcere. Le autorità: “È libertà d’espressione”

Killer di Utoya, le vittime della strage perpetrata da Anders Behring Breivik tormentate con lettere dal carcere. Le autorità: “È libertà d’espressione”. Per l’associazione dei sopravvissuti, invece, sono “atti di intimidazione”.

Anders Behring Breivik - killer di Utoya - meteoweek
Anders Behring Breivik, il killer di Utoya – meteoweek.com

Secondo i media statali norvegesi, Anders Behring Breivik, condannato per omicidio di massa e terrorismo nella strage di Utoya, ha inviato lettere contenenti estratti del suo manifesto ai sopravvissuti dei suoi attacchi e ai loro parenti. In un rapporto pubblicato domenica scorsa, la Norwegian Broadcasting Corporation (NRK) ha rivelato che i membri del “Support Group” – un’organizzazione che sostiene i sopravvissuti e i parenti degli attacchi terroristici avvenuti il 22 luglio 2011 – avevano infatti ricevuto diverse lettere dall’assassino incarcerato.

Tormenta parenti e sopravvissuti con le lettere dal carcere

A più di 10 anni dalla strage di Utoya (Norvegia), Anders Behring Breivik continua a tormentare i parenti delle vittime e i sopravvissuti inviando lettere dal carcere di massima sicurezza di Skien, dove sta scontando la condanna a 21 anni di detenzione (pena massima prevista nel Paese). Secondo quanto si apprende dalla NRK, i messaggi, firmati Anders Behring Breivik, includono un saluto scritto a mano dal killer, e riporterebbero alcuni contenuti relativi al manifesto che lo stesso Anders ha realizzato prima di uccidere 77 persone in quel suo folle attacco pianificato nel 2011.

In particolare, la lettera inviata al gruppo di supporto dei parenti delle vittime conta ben otto pagine, ricche di contenuti di propaganda della “supremazia bianca”. Messaggi simili sono stati inviati anche alla Lega della gioventù dei lavoratori – una divisione giovanile del Partito laburista norvegese (i cui membri sono stati presi di mira sempre nell’attacco del 2011) – oltre a diversi rappresentanti parlamentari e ad altri che ricoprono cariche o posizioni pubbliche.

“Sono veri e propri atti di intimidazione, vuole farci sapere che è lì e che dobbiamo avere paura”, ha spiegato il presidente dell’associazione delle vittime, Lisbeth Røyneland. E sottolinea: “Sappiamo che ci sono molte persone pronte ad appoggiare le sue idee, proprio per questo non dovrebbe essere consentito a Breivik di spedire questo materiale”. “È stato come ricevere un pugno nello stomaco”, ha invece detto al quotidiano Frida il politico norvegese Torbjorn Vereide, anche lui uno dei sopravvissuti alla strage. “Mi sono sentito terribilmente a disagio. C’è qualcosa di assurdo nel ricevere una lettera da qualcuno che ti ha puntato un’arma contro, ha sparato e ha cercato di ucciderti”, ha poi concluso.

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Lo stato aveva già deciso di reprimere le comunicazioni di Breivik, temendo che potesse riuscire a mettersi in contatto con persone che hanno la sua stessa linea di pensiero. Fino al 2016, tuttavia, Breivik ha inviato e ricevuto circa 3.000 lettere dalla sua cella di prigione. Tanto che il vice-direttore regionale del sistema carcerario, Erling Fæste, ha ribadito: “Capisco il disagio, ma la legge prevede che i detenuti possano scrivere e comunicare con l’esterno a meno che questo non significhi compiere dei reati”.

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Breivik, che è stato dichiarato sano di mente e sta ora scontando 21 anni, “è già sottoposto a un rigido regime carcerario, soprattutto quando si tratta di avere contatti con l’esterno”. “Non riesco ad immaginare un appiglio legale per limitare ancor di più questo diritto”, ha evidenziato il suo legale, Øystein Storrvik. E persino lo stesso Vereide sostiene che la libertà d’espressione debba essere comunque rispettata: “Anche se una lettera come quella che ho ricevuto mi ha fatto male, non dobbiamo lasciarci trascinare dall’emotività. Basta farla a pezzi e buttarla nel cestino”.

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