Morte Liliana Resinovich, ipotesi suicidio:«Forse ha preso dei farmaci»

Spunta l’ipotesi suicidio nella vicenda del decesso di Liliana Resinovich. Il referto non mostra segni di soffocamento ma il medico legale:«Potrebbero averla avvelenata»

Liliana Resinovich-Meteoweek.com

È giallo sulla morte di Liliana Resinovich, sparita dalla sua abitazione di Trieste il 14 dicembre 2021 e rinvenuta morta il 5 gennaio in un posto impervio nel boschetto dell’ex nosocomio psichiatrico. Le indagini in questi giorni proseguono e spunta una pista che finora era ritenuta alquanto improbabile, ossia quella del suicidio. L’esito dell’autopsia non ha messo in evidenza segni di violenza sulla salma.

Non l’avrebbero dunque accoltellata né soffocata. Per essere certi che non si sia trattato di una morte per soffocamento, bisognerà aspettare l’esito dell’esame istologico, anche se gli investigatori non si aspettano molto dalla suddetta analisi. Per esclusione, resterebbe l’ipotesi dell’assunzione di farmaci fatali o stupefacenti.

L’ipotesi avvelenamento è invece qualcosa su cui il risultato dell’esame tossicologico potrebbe invece dire tanto, e che arriverà tra un mese circa. Dalle indagini sinora svolte, non vi sarebbero indizi tali da far pendere l’ago della bilancia contro qualcuno. A parte il ritrovamento della salma della donna, in posizione fetale dentro un paio di sacchi della spazzatura aperti, con la testa inserita in due sacchi di nylon attorno al collo ma non in maniera stretta.

Dalle buste si potrebbe ipotizzare che sia deceduta per soffocamento, e ci sarebbero due sacchi neri che farebbero pensare che dietro possa esserci la mano di qualcuno, tant’è che la scientifica è in cerca di impronte. E qui, però, spunta qualcosa di inatteso.

Liliana Resinovich-Meteoweek.com

Medici legali e investigatori non scartano l’ipotesi suicidio. Liliana, che viveva un periodo difficile dal punto di vista relazionale, a un bivio tra il marito e il suo ex rincontrato dopo 40 anni, potrebbe essersi recata nel boschetto dove avrebbe assunto i farmaci, si sarebbe infilata un sacco nero dall’alto, e poi uno ai suoi piedi, si sarebbe distesa mettendo la testa nei sacchetto di nylon stringendole al collo per non respirare e poi lasciarsi andare. Un’ipotesi molto difficile da immaginare.

«Si pensa a un’ingestione di sostanze, un avvelenamento, o le ha prese lei o qualcuno gliele ha date, la questione è complicata», ha detto il medico legale Raffaele Barisani, nominato dal marito di Liliana, Sebastiano Visintin.

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Visintin, 72 anni, all’inizio escludeva l’ipotesi che Liliana potesse essersi suicidata:«Significherebbe che non mi sono accorto del malessere di Lilly che conosco da una vita». In seguito, però, si sarebbe detto possibilista. L’uomo non sapeva parecchie cose della moglie, ad esempio che avrebbe frequentato il suo ex Claudio Sterpin, un uomo oggi 82enne che sembra avesse lasciato proprio per il marito.

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«Lilly non stava bene con il marito, aveva deciso di lasciarlo e voleva dirglielo il 16 dicembre, il 17 dovevamo fare un weekend insieme. In ogni caso non sono l’amante, come potrei esserlo con tre interventi alla prostata?», ha detto il suo ex  Sterpin nei giorni scorsi. «Non sapevo nulla di questa relazione, lui è ignobile, mi ha rovinato la vita, l’ha plagiata, la chiave del mistero è tutta lì», ha replicato il marito della donna. Il giallo si infittisce e il procuratore di Trieste ha detto:«Non si può privilegiare l’omicidio rispetto al suicidio». E gli inquirenti sono andati a fotografare l’armadietto dei farmaci a casa della donna.

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