Senato: arriva la legge sul doppio cognome, ecco cosa conterrà

Riparte al Senato la legge sul doppio cognome. Con un testo che sulla carta può contare su una maggioranza ampia e trasversale.

Senato: arriva la legge sul doppio cognome – MeteoWeek

Parte – o meglio riparte – al Senato l’iter che mira a unificare in un testo unico cinque diversi ddl. Un disegno di legge, sostenuto in maniera trasversale dall’intergruppo delle elette di Palazzo Madama, che si prefigge di dare pari dignità alle donne all’interno del rapporto di coppia, facendo sì che il cognome del figlio possa essere attribuito secondo la volontà dei genitori.

La legge sul doppio cognome è partita il 15 febbraio, iniziando il suo cammino verso l’approvazione. In commissione Giustizia al Senato infatti è cominciato l’esame dei cinque disegni di legge da raccogliere in un unico testo (in alternativa uno dei cinque ddl sarà scelto come testo base) che ambiscono ad eliminare lo squilibrio previsto dalla vigente normativa, secondo la quale spetta all’uomo priorità nell’attribuzione del proprio cognome ai figli della coppia. Sulla carta la riforma può fare assegnamento su un sostegno politico trasversale e sul giudizio favorevole del governo. È stato l’intergruppo delle donne di Palazzo Madama, costituito da tutte le elette del Senato, ad aver fatto pressioni affinché la discussione entrasse nel vivo in tempi stretti. Il rischio, come capitato nel corso della passata legislatura, è che il provvedimento non riesca a essere approvato prima della fine della legislatura – prevista tra meno di un anno. È anche la preoccupazione della correlatrice e prima firmataria della proposta, la pentastellata Alessandra Maiorino, che teme che una parte della Lega (rappresentata dal senatore Pillon) possa ostacolare il ddl.

Cosa prevede la riforma

Con la nuova legge il cognome dei figli sarà deciso in base a un accordo tra i due genitori – Meteoweek

Tutte le proposte sul tavolo, a partire da quella del Partito Democratico a prima firma della capogruppo Simona Malpezzi, si muovono dallo stesso presupposto: dare pari dignità alle donne nel rapporto di coppia, stabilendo che il cognome del figlio sia attribuito in base alla volontà dei genitori. In sintesi, secondo le proposte, si potrà conferire il cognome paterno o materno, o quello di entrambi, secondo l’ordine stabilito dai genitori. Nel caso in cui i due coniugi non dovessero arrivare a un accordo, al figlio saranno assegnati d’ufficio i cognomi in ordine alfabetico. Per impedire che i fratelli nati dagli stessi genitori possano ritrovarsi un cognome diverso, la regola prevede che il cognome deciso per il primo figlio venga dato anche ai figli venuti successivamente al mondo. Per i figli nati al di fuori del matrimonio, in caso di successivo riconoscimento da parte del secondo genitore, il cognome di quest’ultimo potrà essere aggiunto a quello del primo.

“L’obiettivo della riforma – spiega Malpezzi – è colmare la disparità di genere lasciando ai genitori la scelta di attribuire ai figli il cognome della madre, quello del padre o di mantenerli entrambi, adeguandosi al principio stabilito dalla Costituzione della parità fra uomo e donna e alla normativa consolidata a livello europeo”.

Come funziona attualmente e cosa chiedono Consulta e Ue

Secondo l’attuale normativa, l’uomo è titolare di una specie di diritto di precedenza sulla donna. Un fatto che, al di là della legge, è corroborato da una prassi pluridecennale. In primo luogo non è ancora possibile attribuire al figlio il solo cognome della madre. Il cognome del padre, infatti, deve comunque essere presente e essere anteposto a quello materno.

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E non solo: se per assegnare il cognome della madre è richiesto l’accordo di entrambi i genitori, per attribuire quello del padre, invece, non è richiesto il consenso della madre. Inoltre se il figlio venisse riconosciuto dal padre in un secondo momento, il cognome della madre potrebbe non soltanto venire affiancato da quello del padre, ma potrebbe addirittura essere eliminato per essere sostituito da quello dell’uomo.

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Nel 2016 la Corte Costituzionale ha avanzato dubbi di legittimità sulla norma attualmente in vigore che attribuisce i cognomi. Sarebbe una “violazione del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi”, come la definì la Consulta. Prima ancora, nel 2014, fu la Corte europea dei diritti dell’uomo a chiedere all’Italia di cambiare la legge. Secondo la Cedu l’attuale normativa violerebbe l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e l’articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Un parere che aveva indotto il ministero dell’interno a emettere una circolare allo scopo di attutire gli squilibri della normativa attuale, ma con pochi risultati.

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