Uno Bianca, Roberto Savi chiede per la terza volta la grazia: dalla Procura arriva il no

L’ex poliziotto killer, che terrorizzò intere regioni insieme ai fratelli Alberto e Fabio, è tornato a chiedere la grazia.

Roberto Savi, uno dei tre fratelli che guidarono l a banda della Uno Bianca – Meteoweek

È la terza volta che Roberto Savi, che col fratello Fabio capeggiava la Banda della Uno Bianca, chiede la grazia al presidente della Repubblica. L’ex poliziotto ha provveduto di persona a redigere la domanda di grazia a Bollate, dove sta scontando la pena dell’ergastolo. L’istanza è giunta, attraverso il tribunale di Sorveglianza di Milano, alla Procura generale di Bologna che però l’ha respinta. Savi è detenuto dal 1994, quando fu sgominata la banda e assieme a lui finirono in manette anche i suoi due fratelli: Fabio e Alberto.

I parenti delle vittime: «La grazia è tenerlo dentro»

La strage del Pilastro (4 gennaio 1991), uno dei peggiori eccidi della Una Bianca – Meteoweek

La famigerata banda della Uno Bianca, fatta per cinque sesti da poliziotti, ammazzò 24 persone nell’area compresa tra Bologna, Romagna e Marche ferendone più di 100. Già nel 2005 Savi, che fino ad adesso non ha mai ottenuto alcun beneficio, aveva presentato la domanda di grazia, salvo poi ritirarla a causa delle reazioni innescate dal suo gesto. Ci riprovò nel 2018 e anche in quella circostanza fu la Procura generale di Bologna a stoppare la domanda.

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«La vera grazia è se lo tengono dentro», dichiara senza giri di parole al “Resto del Carlino” Rosanna Zecchi, che presiede l’Associazione familiari delle vittime della Banda della Uno Bianca, a commento della terza richiesta di grazia da parte di Roberto Savi, che insieme al fratello Fabio guidò la banda di poliziotti assassini attiva dal 1987 al 1994 tra Emilia-Romagna e Marche.

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«Noi non vogliamo vendetta, vogliamo giustizia, e sono contenta che la Procura abbia dato parere negativo», continua Zecchi che ricorda come siano ancora in molti a soffrire per i delitti commessi della banda. Chi ha commessi simili crudeltà è imperdonabile, ricorda la presidente dell’associazione, che rende noto di aver recentemente incontrato gli altri parenti delle vittime: tutti auspicano che la Procura continui a respingere le richieste di grazia dei poliziotti killer perché, è la convinzione comune, se uscissero riprenderebbero a commettere delitti. «Loro non sono pentiti – dice in conclusione Zecchi – siamo noi che ci stiamo spegnendo piano piano».

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