Iran: entro il 21 maggio sarà giustiziato Djalali, il ricercatore accusato di spionaggio

L’Iran lo ha arrestato nel 2016 con l’accusa di aver fatto la spia per il Mossad. Ha lavorato a lungo anche in Italia.

L’anno dopo i giudici di Teheran lo hanno condannato a morte sulla base di un’unica prova di dubbia autenticità.

Ahmad Reza Djalali, 50 anni, il medico iraniano-svedese condannato a morte in Iran con l’accusa di spionaggio a favore del Mossad – Meteoweek

Sarà giustiziato Ahmad Reza Djalali. È il medico iraniano-svedese di 50 anni accusato da Teheran di spionaggio a favore del Mossad, il servizio segreto israeliano. La sentenza sarà eseguita entro il prossimo 21 maggio. Lo riferisce l’agenzia di stampa Isna. Djalali, che ha fatto il ricercatore anche in Italia, è stato arrestato nel maggio del 2016 nel corso di una visita accademica in Iran. Il 21 ottobre 2017 è arrivata la condanna a morte. Da allora si trova rinchiuso in una minuscola cella nel carcere di Teheran, a dispetto delle pressioni internazionali. Contro di lui l’accusa ha prodotto un’unica prova: una lettera – dalla dubbia autenticità – inviata alla moglie.

Svariate autorità internazionali hanno chiesto di salvare la sua vita e di rimetterlo in libertà. Ad esempio Amnesty International, che ricorda come a Djalali non sia stato permesso di avere un avvocato, mentre è stato costretto a fare “confessioni” di fronte a una videocamera davanti alla quale aveva dovuto leggere dichiarazioni scritte da chi lo interrogava. «Ha detto che è stato sottoposto a pressioni intense con tortura e altri maltrattamenti, incluse minacce di morte» si legge sul sito di Amnesty.

Incarcerato e condannato sulla base di accuse pretestuose

Djalali prima e dopo l’arresto e la detenzione nelle carceri iraniane, visibilmente dimagrito – Meteoweek

Il procuratore iraniano lo accusa di avere incontrato in più occasioni alcuni membri del Mossad. Il medico risponde che il processo verso di lui è partito dopo il suo rifiuto di rivelare informazioni sensibili all’Iran sui paesi dell’Unione europea.

In Italia Djalali ha lavorato dal 2012 al 2015. È stato ricercatore il presso Centro di medicina dei disastri (Crimedim) dell’Università del Piemonte Orientale di Novara. Ha continuato a collaborare con l’università piemontese anche dopo essersi trasferito al prestigioso Karolinska Institute di Stoccolma. Nel settembre del 2019 il comune di Novara gli ha conferito la cittadinanza onoraria. La proposta è giunta dal locale ordine dei medici. Sempre Novara ha organizzato diverse manifestazioni di solidarietà a favore del ricercatore incarcerato. Tra queste anche una «maratona» accademica a cui hanno partecipato 160 studiosi e scienziati.

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