Mafia, operazione “Propaggine”: capi cosca romani e calabresi si incontravano solo a matrimoni e funerali

Altri dettagli sui collegamenti tra casa madre calabrese e propaggine romana nel maxi blitz che stamattina ha portato all’arresto di 43 persone.

I legami erano gestiti con estrema cautela e limitati allo stretto indispensabile per minimizzare i rischi.

I contatti tra “la “casa madre” sinopolese e la propaggine romana” sono sempre stati attivi e gestiti in maniera oculata. Le indagini hanno rivelato che “i due capi del ‘locale’ di ‘ndrangheta romani limitavano al minimo gli incontri di persona con i vertici calabresi“. I capi cosca di Roma e quelli calabresi si incontravano solo in occasioni particolari. Come matrimoni e funerali, durante i quali si svolgevano “incontri fugaci ma risolutivi”. In casi di stretta urgenza gli incontri invece erano concordati attraverso “messaggeri”.

È il quadro emerso dall’inchiesta “Propaggine che stamattina, in Calabria, ha condotto all’arresto di 43 persone (38 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) sulle quali gravano pesanti indizi di associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, favoreggiamento allo scopo di agevolare le attività dell’organizzazione mafiosa, detenzione e vendita di armi comuni da sparo e di armi da guerra. Alcuni degli arrestati poi avevano già subito condanne “con sentenze passate in giudicato” per la loro “appartenenza alla cosca Alvaro . Sono ancora in corso perquisizioni presso le case degli indagati.

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