L’avvocato della vedova di ‘Renatino’ De Pedis querela il fratello di Emanuela Orlandi

Una denuncia arrivata dopo alcuni post su Facebook di Pietro, fratello della quattordicenne scomparsa nel nulla a Roma nel giugno del 1983.

Il legale accusa di diffamazione Pietro Orlandi per dei post pubblicati a maggio sul suo profilo Facebook.

Pietro Orlandi – Meteoweek

Querela per diffamazione in arrivo per Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, la ragazzina di 14 anni scomparsa a Roma in circostanze misteriose nel giugno del 1983. Una denuncia giunta attraverso l’avvocato Maurilio Prioreschi, legale di Carla Di Giovanni, la moglie di Enrico ‘Renatino’ De Pedis morta nel 2020.

A far scattare la denuncia alcuni post pubblicati un mese fa su Facebook. Nel primo post, datato 14 maggio, Pietro Orlandi ”sosteneva, tra l’altro, di avere parlato con la signora Carla Di Giovanni – fa sapere l’avvocato – e che, in tale circostanza, quest’ultima lo avrebbe messo al corrente di alcuni suoi presunti incontri con un colonnello della Gendarmeria Vaticana“, dichiara all’AGI il legale. Ma la ricostruzione, contesta Prioreschi, è fasulla, dato che Carla Di Giovanni “non ha mai incontrato Orlandi”.

Il secondo post contestato dal legale

Carla Di Giovanni e Enrico De Pedis – Meteoweek

A finire nel mirino del penalista anche un secondo post risalente al 18 maggio, in cui il fratello di Emanuela Orlandi puntualizzava di “non avere mai incontrato di persona la signora Di Giovanni”. Spiegando poi che “nel 2012 chiesi al suo avvocato se potevo incontrarla e lui me lo sconsigliò, dicendomi che aveva un carattere un po’ particolare e non era il caso di incontrarla, facendomi dei gesti con la mano come per dirmi è un po’ instabile, al che io non conoscendola mi ero anche dispiaciuto, vista la situazione della dissepoltura del marito, pensando in quel momento che fosse una persona, considerando anche l’età, un po’ fuori di testa‘”.

Una ricostruzione che Prioreschi giudica “del tutto inverosimile” e “oggettivamente falsa” poiché presenta “il sottoscritto come un legale che interloquendo con un terzo (anzi, con una controparte, almeno potenziale), in spregio di qualsivoglia elementare regola professionale, avrebbe espresso apprezzamenti negativi sulla stabilità mentale della propria cliente. Quel giorno non vi fu alcun colloquio ‘privato’ tra me e Orlandi che sarebbe avvenuto, oltretutto, in violazione delle regole deontologiche, che impongono ad un legale di non avere contatti diretti con la controparte”.

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