M5S: cresce la tentazione di staccare la spina al governo, ma pesa la parola data a Mattarella

Crescono i malumori interni al Movimento Cinque Stelle. Lunedì incontro Conte-Draghi a Palazzo Chigi per un chiarimento.

Non c’è pace per i pentastellati, presi nella morsa tra la volontà di lasciare l’esecutivo e quella di rimanere fedeli alla parola data al presidente della repubblica.

Lunedì Conte e Draghi si incontreranno a palazzo Chigi, dove cercheranno di chiarirsi dopo il ‘caso’ nato dal retroscena rivelato dal sociologo Domenico De Masi sulle manovre sottobanco tra il premier e Grillo per ‘far fuori’ Conte dalla guida del M5S.

Intanto i mal di pancia interni al Movimento crescono e più di uno – soprattutto al Senato, ma anche alla Camera – chiede di abbandonare il governo al suo destino. Ma prima dell’estate non dovrebbero consumarsi strappi. Rimangono comunque alte tensioni e frustrazioni vista l’ostilità delle altre forze politiche per le battaglie pentastellate, dallo stop di fatto al superbonus e il depotenziamento del reddito di cittadinanza (col mancato rifinanziamento dei navigator). Per non parlare dei tanti emendamenti ai diversi provvedimenti bocciati dalla maggioranza allargata di cui il M5S fa parte. Tanto che il tema, riferisce l’AGI citando alcuni fonti pentastellate, non “è se, ma quando mollare”.

Il dilemma amletico: restare o non restare al governo?

A pesare è anche la scissione di Di Maio, con Grillo che parla di tradimento. E poi la guerra in Ucraina, la crisi economica, la prossima pausa estiva, col ricordo della crisi salviniana del Papete. Così i Cinque Stelle riflettono. Sui loro pensieri incide soprattutto la ‘promessa’ fatta Mattarella – che ha invitato tutti al governo di unità nazionale – ma anche l’accordo con Draghi, al quale Grillo vuole restare fedele.

Di certo c’è che il M5S sta attraversando una fase faticosa, obbligato a battagliare su tanti, se non tutti, i fronti principali della sua agenda politica, dal superbonus alla responsabilità dei crediti già certificati dalle banche. Grillo, nella sua tre giorni romana, ha ribadito che non si può staccare la spina al governo dall’oggi al domani. Ma il malcontento interno cresce, e con lui le pressioni sull’establishment pentastellato. Anche se c’è chi fa notare che uno strappo taglierebbe fuori il Movimento dal ‘campo largo’ progettato da Letta.

Grillo attacca il ‘traditore’ Di Maio

Grillo intanto ha attaccato duramente Luigi Di Maio: “Questo nostro è forse il tempo in cui tradire non lascia traccia nell’animo del traditore che con ogni probabilità non si sente neanche tale. Talvolta può perfino tendere a sentirsi un eroe, ma agli occhi solo di qualche suo compare Jago, giammai nell’animo di chi ha fatto della lealtà e della schiettezza la sua bandiera e la sua ragione di vita”. È la conclusione, significativa, di un post apparso sul blog del Garante pentastellato dal titolo più che eloquente: “Fenomenologia del tradimento e del traditore”.

Non si è fatta attendere la risposta del diretto interessato: “Secondo Grillo sarei un traditore? Penso che in questo momento non possiamo inseguire il dibattito interno alle forze politiche. Pensiamo alle priorità del Paese. A Grillo ho già risposto”, ha replicato Di Maio.

Ma a dare corpo ai malumori pentastellati è stato, su Twitter, il senatore Alberto Airola: “Dopo i recenti fatti, primo tra tutti il comportamento ambiguo del premier Draghi sulle proprie dichiarazioni in merito a Giuseppe Conte, la frustrazione e l’insofferenza del nostri elettori per un governo che smantella sistematicamente i nostri obiettivi politici, nel mio ruolo di portavoce, non posso che manifestare pubblicamente la mia vicinanza e il mio sostegno a Giuseppe Conte, ma nel contempo rappresentare con forza l’istanza d’uscita da questo governo, voluta fortemente dal nostro Popolo. Le fragole sono marce”.

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