La Marmolada e gli avvisi di pericolo non pervenuti. Il racconto del fratello di una vittima

Luca, fratello di Davide Miotti, vittima della tragedia della Marmolada, rigetta l’ipotesi che sia stata una fatalità la morte di Davide e di altri dieci, sotto la maxi valanga del 3 luglio scorso. 

Luca, fratello di Davide Miotti, l’escursionista che ha perso la vita a seguito del crollo del ghiacciaio della Marmolada, avvenuto lo scorso 3 luglio, con una metafora spiega che «la Marmolada, come altri ghiacciai, è una casa pericolante. E cosa si fa quando una casa rischia di crollare? Si mette un cartello con scritto ‘pericolo di crollo’. Invece non è stato fatto: non c’erano avvisi, nulla che raccomandasse prudenza», sottolinea.

Marmolada-meteoweek.com

In un colloquio con l’Agi, Luca racconta di essere venuto a sapere che il fratello, 51enne guida alpina, «era a pochi minuti dal sentiero di uscita. È sfortuna, pochi passi e si sarebbe salvato». Miotti spiega di non essere convinto della «storiella dell’imprevedibilità che, subito, a caldo, è stata rilanciata dalle istituzioni, da Draghi a Zaia fino al presidente della Provincia Autonoma di Trento, Fugatti». 

L’uomo racconta di aver avuto un confronto con alcuni amici che fanno lo stesso lavoro del suo defunto fratello, e gli hanno confermato che Davide era molto esperto, al punto da costituire qualcuno a cui rivolgersi se si intendeva andare in montagna. Miotti spiega che in molti «danno per scontato che le guide debbano essere pronte a tutto perché in vetta può succedere qualsiasi cosa. È vero: le guide possono valutare il freddo e il caldo e il vento ma non come il ghiaccio si sia ridotto sotto.

La glaciologa Guglielmina Adele Bonaiuti dell’Università Statale di Milano ha fatto capire in che stato fosse in un’intervista a Radio3. Per lei non c’è stato lo slittamento di un seracco ma un distaccamento del ghiacciaio causato da un crepaccio molto ampio. Non so nemmeno in realtà quanto ghiaccio sia sceso, pare che fossero acqua, fango e rocce. Il ghiaccio, forse, non c’era già più».

Miotti puntualizza di non voler mettere nessuno sotto accusa, ma «crediamo che le indagini della Procura debbano identificare chi avrebbe dovuto informare del rischio. Non è da ieri che fa caldo e i ghiacciai si sciolgono. Esiste un ufficio della Provincia di Trento che ha proprio come mansione quella di fare le analisi anche con l’aiuto di esperti di Padova». 

Qualcuno aveva ipotizzato che gli escursionisti fossero partiti troppo tardi, quando il caldo rendeva meno sicuro il tragitto. «Non è così, ho parlato con le guide di Castelfranco Veneto e di Cittadella e mi hanno assicurato che la cordata aveva rispettato i tempi. Un’altra guida si è salvata perché la sua cliente era stanca e si sono fermati a bere un caffé nel rifugio. Mio fratello e sua moglie avevano due figli a casa, non sarebbero mai stati imprudenti. La verità, forse, è che è stata messa a repentaglio la vita delle persone e le vittime potevano essere molte di più», chiosa Miotti.

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