Clima, economia, politica, arriva l’allarme: “Sarà un autunno difficile”

I leader di Fim, Fiom e Uilm fanno sapere di essere pronti alla mobilitazione in autunno, che si prospetta difficile.

Per i sindacati le priorità del Paese sono l’occupazione (ma non quella precaria) e la difesa del potere di acquisto dei salari.

Quello prossimo venturo si preannuncia un autunno caldo e difficile per l’industria metalmeccanica, “che già mostra segnali di rallentamento”, tra crisi dell’industria, inflazione al galoppo, transizione ecologica, inflazione, incertezza politica.

Ma i sindacati non si rassegnano e annunciano di essere pronti alla mobilitazione. Lo dicono all’AGI i leader di Fim, Fiom e Uilm. Per loro l’Italia ha priorità ben precise: occupazione (non precaria) e difesa del potere d’acquisto dei salari.

A giudizio di Rocco Palombella, segretario generale Uilm, l’Italia rischia “una situazione sociale ingovernabile”. Michele De Palma, segretario generale Fiom, garantisce invece che i metalmeccanici sono pronti a lottare per “difendere la legalità e la dignità del Paese davanti a multinazionali e fondi d’investimento privi di qualsiasi scrupolo sociale”.

Passare dai bonus al sostegno ai salari

A settembre, finita la pausa estiva, si avvierà una campagna di assemblee, in vista della mobilitazione in ottobre assieme alla Cgil. Roberto Benaglia, segretario generale Fim, chiede un confronto serrato con governo e imprese sui salari: “occorre passare da una politica dei bonus e una politica di sostegno ai salari, che devono essere più alti”.

Per il leader dei metalmeccanici della Cisl, ci sono “crisi industriali ormai divenute storiche e vertenze nuove, ma tutto il settore sta rallentando e deve affrontare la transizione ecologica, digitale e demografica”. “Non si può rischiare che l’industria metalmeccanica sia abbandonata a se stessa proprio nel momento in cui le cose non vanno più molto bene”.

Il quadro delle vertenze

Il quadro delle vertenze è vasto e abbraccia tutta Italia, dalla Wartsila di Trieste alle Acciaierie Siciliane. Ma in mezzo si trovano Qf (ex Gkn) di Firenze, Acc di Belluno, Ansaldo Energia di Genova, ex Whirlpool di Napoli, JSW di Piombino, Supermonte di Lecce, Termini Imerese di Palermo, Dema di Brindisi.

Ci sono poi le imprese messe in difficoltà dalla guerra tra Russia e Ucraina, come Superjet International. E ancora, il settore logistica di Stellantis di Melfi e infine, la storica vertenza della ex Ilva di Taranto, con 3.000 lavoratori finiti in cassa integrazione. Col decreto Aiuti bis il governo ha stanziato 1 miliardo ma a parare dei sindacati manca la chiarezza sul futuro. Senza contare che l’intero settore automotive dovrà fare i conti con la transizione ecologica.

Le misure temporanee non bastano

Finora, dichiara Palombella, i governi hanno adottato “strumenti di contenimento, come la cig o i contratti di solidarietà, misure temporanee che a volte servono solo ad allungare l’agonia delle imprese. Certo, senza queste azioni si sarebbe verificata una catastrofe, ma le persone nel frattempo si impoveriscono”.

La prospettiva che si profila è che “settembre riserverà altre sorprese negative; si aggiungeranno vertenze che rischiano di far esplodere la situazione. Senza contare che il caro energia, l’inflazione, le retribuzioni a livelli bassissimi provocano un dramma sociale”.

In programma ci sono già una serie di iniziative, dicono i sindacati. A cominciare dalla manifestazione di Trieste del 3 settembre per Wartsila. “Ma non ci fermeremo – spiega Palombella – Siamo stanchi delle promesse non mantenute”.

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