Morti bianche in Italia, i numeri di una strage silenziosa

Numeri inaccettabili per un paese civile, ma dei morti sul lavoro nessuno se ne occupa sul serio. La politica si indigna ma non mette in campo soluzioni efficaci. 

I dati sulle cosiddette “morti bianche“, ovvero gli incidenti mortali sul posto di lavoro, hanno raggiunto numeri davvero preoccupanti e disastrosi. L’ultima drammatica notizia arriva questa mattina, quando un operaio di 59 anni anni ha perso la vita nel bergamasco, schiacciato da 5 tonnellate di materiale che stava scaricando dal furgone nel cortile dell’azienda per cui lavorava. Un caso che va a sommarsi a molti altri, tra cui quello che ha avuto più eco nelle scorse settimane, ovvero quello di Luana D’Orazio, giovane di 22 anni, morta il 3 maggio mentre stava lavorando in una fabbrica tessile di Montemurlo, in provincia di Prato.

Se lavorare stanca, come scriveva Cesare Pavese, di lavoro in Italia si muore tanto, tantissimo. Gli incidenti mortali sul posto di lavoro nel nostro Paese sono stati 1.270 nel 2020, stando ai dati forniti dall’Inail, il 16,6% in più dell’anno precedente. Facendo un semplice calcolo, nel 2020 la media di morti per lavoro al giorno è 3,47. Come si legge sul Sole 24 Ore, l’incremento è influenzato soprattutto dai decessi avvenuti e protocollati al 31 dicembre 2020 a causa dell’infezione da Covid-19 in ambito lavorativo e dall’insufficienza dei dispostivi di sicurezza, che lo scorso anno hanno rappresentato circa un terzo dei decessi denunciati all’Inail da inizio anno.

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Per quanto riguarda il 2021, sempre stando alle osservazioni del Sole, i dati si riferiscono al primo trimestre con un decremento solo dei casi in itinere, passati da 52 a 31. Nei i primi 5 mesi del 2021 registrano oltre 300 vittime tra incidenti avvenuti nel percorso casa-lavoro. Quelli avvenuti in occasione di lavoro sono stati 40 in più (da 114 a 154). L’aumento ha riguardato tutte e tre le gestioni assicurative dell’industria e servizi (da 146 a 158 denunce), dell’agricoltura (da 11 a 16) e del conto Stato (da 9 a 11). Dall’analisi territoriale emerge un aumento di due casi mortali nel Nord-Ovest (da 45 a 47), di quattro nel Nord-Est (da 34 a 38). Hanno fatto peggio il Centro (passato da 23 a 34 morti) e il Sud (passato da 47 a 58). Nelle Isole, invece, si registra un calo di nove decessi (da 17 a 8). Le regioni che presentano l’aumento più consistente sono il Lazio con 12 casi in più, l’Abruzzo (+8), la Lombardia (+6) e la Campania (+5), quelle con il maggior calo sono la Sicilia (-7 casi), il Piemonte e la Puglia (-4 decessi per entrambe).

Luana D’Orazio, morta sul posto di lavoro il 3 maggio 2021

La politica si scandalizza per il problema ma mette in campo poche soluzioni valide. Vanno messe in discussione le norme del codice degli appalti che con la logica della semplificazione sono intervenute sul costo del lavoro e smantellato regole e diritti dei lavoratori, rafforzando gli organismi di controllo, di ispezione e la medicina del lavoro sul territorio. A oggi non è più possibile sottovalutare il problema. La questione della sicurezza deve diventare un tema centrale nel dibattito politico e nelle priorità dello Stato. Una parte delle risorse date alle aziende anche attraverso il PNRR devono essere vincolate all’adozione di maggiori misure sulla sicurezza, così come sottolineato dal segretario generale della Fiom Cgil, Francesca Re David.

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A questo proposito, “È inaccettabile che in un Paese come il nostro ci siano ancora così tanti morti sul lavoro. Segno del fatto che non si è fatto e investito abbastanza – commenta il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, intervenendo al Festival internazionale dei film corto Tulipani di Seta Nera, dedicato al sociale. “Stiamo facendo degli sforzi per aumentare la sicurezza, assumeremo 2 mila unità in più all’Ispettorato nazionale. E dovremmo lavorare anche su un altro punto: la reputazione dell’impresa legata alla qualità e alla sicurezza sul lavoro”.

Questo stillicidio non è degno di un Paese civile – sottolinea Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil -. Prevenzione e formazione devono diventare una strategia e una scelta politica, con più risorse per mettere in sicurezza i processi produttivi e con più ispettori, più controlli e un coordinamento degli interventi». Il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia, dice che “dobbiamo riportare l’attenzione nelle fabbriche e in ogni luogo di lavoro dalla sola sicurezza legata alla pandemia, alla prevenzione degli infortuni, non possiamo permettere che la ripresa dei ritmi produttivi in corso, sia fatta a scapito della sicurezza, sacrificando vite umane. Abbiamo proposto che in ogni azienda metalmeccanica si tenga un incontro straordinario tra sindacato e direzioni per analizzare e prevenire i rischi più legati alla ripartenza delle filiere produttive. Il lavoro dopo la pandemia deve essere più sicuro e non più pericoloso”.

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