Perché il posto fisso nel pubblico attira meno di un tempo e tanti lo rifiutano

Un fenomeno che appare un controsenso in un Paese come l’Italia dove ancora vige (meno di un tempo indubbiamente) il mito del “posto fisso”, a maggior ragione nel pubblico.

Ma le ragioni delle rinunce sono complesse, come spiega il direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

È una scelta che al Checco Zlone di ‘Quo vado?’ apparirebbe davvero fuori da ogni logica: rinunciare al mitico “posto fisso” nel pubblico. Eppure non sono pochi i vincitori di un concorso pubblico che rinunciano a prendere servizio. L’ultimo caso, riferisce l’AGI, è quello dell’Ispettorato Nazionale del lavoro di Milano e Lodi. Secondo il sindacato FLP quasi la metà dei funzionari convocati per essere assunti (33 su 76) ha rinunciato al posto.

Un fenomeno all’apparenza senza spiegazioni. Ma una logica, per quanto complessa, dietro alle rinunce c’è.

Le ragioni delle rinunce al posto fisso nel pubblico

Checco Zalone in “Quo vado?” – Meteoweek

Per prima cosa, fa presente all’AGI il direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) Bruno Giordano va detto che negli ultimi tempi moltissimi concorsi per un posto nella pubblica amministrazione si sono svolti in contemporanea col medesimo metodo di selezione informatica introdotto dai decreti emergenziali per il Covid. “Così è successo – spiega Giordano – che gli stessi candidati, ai quali spesso era richiesta la stessa preparazione per selezioni diverse, sono entrati in graduatoria in più di uno”.

Perciò, dovendo scegliere un posto hanno dovuto rinunciare agli altri. Ma non è tutto, prosegue il direttore dell’Inl. Molto lo fa anche la geografia. Infatti l’80% dei vincitori proviene da 5 regioni del sud, il restante 20% da tutte le altre”. Con ovvie conseguenze in caso di vittoria in una sede al nord: i vincitori “vanno incontro a costi alti di vita e alloggio e se hanno altri lavori vicino a casa loro, anche meno retribuiti, preferiscono restare dove sono ritenendolo più ragionevole per le loro tasche“.

Manca all’appello un dipendente pubblico su tre

Una logica che si impone tanto più che l’età media dei partecipanti ai concorsi pubblica è alta e dunque hanno minor propensione a spostarsi. Un bel problema per le pubbliche amministrazioni dove, informano i sindacati, c’è un problema di organico. Manca un dipendente pubblico su tre, costringendo l’Inl “a correre ai ripari per scongiurare un depotenziamento dell’attività di vigilanza, specie nelle realtà più produttive del Paese e anche dove c’è un’alta percentuale di lavoro sommerso e illegale”.

Ma Giordano non la vede poi così nera, anzi. Afferma che questa è un’epoca d’oro per il pubblico grazie alle moltissime assunzioni permesse dal Pnrr. Quanto alle rinunce, assicura, “faranno solo slittare di qualche settimane l’arruolamento di nuovi ispettori che verranno presi dalle graduatorie”.

E per superare il fenomeno delle rinunce al posto fisso, spiega, serve qualcosa di più che la sicurezza: “Se vogliamo che i migliori laureati scelgano il pubblico occorre una flessibilità organizzativa, geografica ed economica che ora non c’è”. Il che significa, in concreto, concorsi su base regionale, lavoro “smart” e part-time.

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