Zaia contro Crisanti, una guerra sui tamponi che sembra non finire mai

Rischia di diventare davvero una guerra infinita quella sui tamponi rapidi che ormai da più di due anni vede contrapposti il governatore del Veneto Luca Zaia a il virologo Andrea Crisanti.

Le principali tappe di un braccio di ferro che va avanti da oltre due anni. Uno scontro che si è riacceso in questi giorni dopo la puntata di Report del 2 gennaio.

Tutto parte, ricorda il Corriere del Veneto, con l’esposto di due pagine e diversi allegati presentato da Andrea Crisanti nell’autunno 2020. Crisanti sosteneva che i tamponi rapidi usati in Veneto negli ospedali e nelle Rsa, acquistati dalla multinazionale Abbott, non dessero sufficienti garanzie di affidabilità. Rischiando così, a causa del tasso di fallibilità molto alto, di favorire anzi la diffusione del contagio.

Il 29 marzo 2021 Crisanti viene sentito dagli investigatori e ribadisce le sue accuse. La procura mette dunque sotto inchiesta per frode la Abbott. Si indaga anche per capire la natura dei rapporti tra il medico trevigiano Roberto Rigoli – ex responsabile delle microbiologie del Veneto e braccio destro di Zaia nel contrasto al Covid – e la multinazionale. Dalle indagini, da questo secondo punto di vista, non emerge comunque nulla di compromettente per Rigoli, che gli investigatori sentono il 29 maggio 2021.

Il ruolo di Rigoli

Il medico trevigiano Roberto Rigoli – Meteoweek

A loro il dottore spiega che gli acquisti diretti di tamponi rapidi da Abbott sono stati portati avanti da Azienda Zero, l’ente del servizio sanitario del Veneto, e di essere intervenuto soltanto per «valutare che fossero rispettati i requisiti di sensibilità e specificità indicati dalla Comunità Europea». Un punto centrale, perché è proprio sulla base di questa verifica sull’efficacia dei tamponi che Azienda Zero ha acquistato, tra fine agosto e il 14 settembre 2020, 480 mila tamponi per un costo di 2,16 milioni di euro.

Per la procura però la valutazione non è mai stata eseguita. Il 9 giugno 2021 gli investigatori sentino di nuovo Rigoli. Che afferma di aver testato i tamponi rapidi su 92 pazienti del pronto soccorso di Treviso. Promette di portare le prove ma il 30 giugno ammette di non riuscire più a trovare la documentazione.

C’è poi il fatto che Rigoli avrebbe detto di aver usato quei tamponi tra il 2 e il 29 agosto 2020. Ma alle Fiamme Gialle i responsabili della Abbot hanno spiegato come i test fossero stati commercializzati e usati in Italia soltanto dal 28 agosto 2020. Ci si chiede dunque come potesse Rigoli avere a disposizione un centinaio di tamponi rapidi già a inizio mese. Il dottore trevigiano nega tutto, ma per lui scatta l’accusa di depistaggio.

Con Rigoli è indagata anche Patrizia Simionato, vicentina, all’epoca al timone di Azienda Zero come direttrice generale prima di passare alla guida dell’Usl polesana. Entrambi sono accusati dal pm Benedetto Roberti di falso ideologico e del reato di «turbata libertà di scelta del contraente». In sostanza, sono accusati di aver pilotato l’acquisto da parte della pubblica amministrazione di due grosse partite di test.

La guerra tra Zaia e Crisanti

In mezzo ci si mette pure la politica, con la guerra strisciante tra Zaia e Crisanti. Una guerra partita quando tutti e due cercarono di accreditarsi il successo del «modello Vo», il piccolo comune in provincia di Padova dove gli abitanti furono tamponati in massa.

Infine c’è la trasmissione di Report del 2 gennaio, con la diffusione di alcune intercettazioni dove Zaia si infuria per la lettera inviata da Roberto Toniolo, succeduta a Simionato in Azienda Zero, all’Università di Padova. L’Ateneo preparava infatti una difesa ufficiale di Crisanti, data l’intenzione della Regione di querelare il microbologo. Attraverso Toniolo il responsabile della scuola di medicina Stefano Merigliano aveva cercato una mediazione per evitare uno scontro. Così il primo fa arrivare una lettera dove dice che non ci sarà alcuna querela. L’incidente viene chiuso dallo stesso Crisanti che chiede al Senato Accademico di mettere tra parentesi ogni presa di posizione ufficiale.

Le intercettazioni

Zaia, quando lo viene a sapere, non la prende bene: «Sono sedici mesi che prendiamo le misure a questo… abbiamo materiale e tutto e noialtri facciamo una lettera così (…) cioè questo qua fa il salvatore della Patria (…) tra un po’ ci diamo un bacio in bocca e vedrai che lui adesso farà un’intervista dicendo “no, ma vogliamoci bene”. E io faccio la parte del mona cattivo». E ancora: «Sono qua a rompermi i c. da sedici mesi, stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al Senato accademico, per sistemare Crisanti!».

Intercettazioni che hanno provocato la reazione dello stesso Crisanti, che dopo essersi dimesso dall’Università d Padova ha annunciato di stare valutando col suo legale se in queste dichiarazioni «si possa ravvisare un’ipotesi di reato e se così fosse inseguirò Zaia fine alla fine del mondo, e con tutti i mezzi a mia disposizione, per inchiodarlo a qualsiasi responsabilità dovesse emergere».

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