Covid, file fuori dai forni crematori in Cina: le immagini choc che smentiscono Pechino

Un’inchiesta del Washington Post mostra le foto satellitari che smentiscono le minimizzazioni di Pechino sulla mortalità da Covid-19 a dicembre.

Come era accaduto quando tutto è iniziato, tre anni fa a Wuhan, Pechino mantiene uno stretto riserbo sui dati del nuovo boom di contagi da Covid-19. La stampa e le autorità preferiscono dare enfasi alla grande ripresa del turismo e dei viaggi dopo l’improvvisa archiviazione – decisa il 7 dicembre – della politica sanitaria improntata alla tolleranza zero verso il Covid.

Un’agenzia funebre a Tongzhou, alla periferia di Pechino, che sembra aver costruito una nuova aerea per i parcheggi secondo le immagini satellitari riprese il 24 dicembre dalla Maxar – Meteoweek

Così l’8 gennaio la Cina ha riaperto le frontiere – soprattutto in uscita – e col Global Times di Pechino (edizione inglese) annuncia che «l’afflusso di visitatori cinesi guiderà il boom del turismo mondiale». Secondo alcuni epidemiologi, citati dal giornale, il picco dei contagi sarebbe già stato raggiunto il primo giorno del nuovo anno.

Ma secondo l’Oms le autorità cinesi «stanno sottostimando i numeri», ha detto già lo scorso 22 dicembre il dottor Mike Ryan, capo delle Emergenze all’Oms di Ginevra. Sui social cinesi circolano immagini che mostrano terapie intensive piene negli ospedali piene e lunghe file alle agenzie di pompe funebri nelle grandi città cinesi.

L’inchiesta del Washington Post

A confermare che la situazione è più grave di quanto ammesso da Pechino c’è anche l’inchiesta del Washington Post, che si è servito delle immagini satellitari della società americana Maxar Technologies per zoomare su crematori e agenzie funebri di sei città cinesi: Pechino, Nanchino, Kunming, Chengdu, Tangshan, Huzhou.

Per gli analisti le immagini parlano chiaro: le attività attorno ai centri mortuari sono aumentate vertiginosamente nel mese di dicembre. I satelliti hanno individuato code di auto e carri funebri in attesa di avere accesso alle aree dove le salme vengono inviate per essere incenerite. Ci sono poi le testimonianze che da giorni riempiono il Twitter cinese, Weibo, dove il funzionario cinese di un’agenzia funebre di Chongqing avrebbe ammesso che nel suo crematorio sono passati dai 4-5 corpi bruciati al giorno a novembre ai 22 di adesso.

Le cifre ufficiali di Pechino non tornano

E simili testimonianze arrivano un po’ da tutte le aree urbane della Cina. Ma secondo i dati ufficiali, la nuova ondata di Covid partita a inizio dicembre avrebbe provocato soltanto 40 vittime, che porta il totale dei decessi a circa 5.200 da gennaio 2020 (sempre secondo le stime ufficiali delle autorità cinesi). Dati che appaiono inverosimili alla luce delle dichiarazioni delle autorità di province come lo Henan (che ha quasi 100 milioni di abitanti) e il Sichuan (oltre 80 milioni), che hanno fatto sapere che si sono contagiati tra l’80 e il 90 per cento dei loro residenti.

Lo scorso mese Pechino ha ristretto la definizione di morte per Covid, che da dicembre si applica soltanto ai pazienti morti per polmonite e insufficienza respiratoria. Molti vedono in questa modifica in corsa una sorta di “escamotage clinico” per truccare le reali cifre della mortalità e mascherare il sostanziale fallimento della politica sanitaria “Zero Covid” di questi tre anni, fatta di lockdown, quarantene e tamponi obbligatori alla popolazione.

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