La lezioncina degli ipocriti su Maradona

Deve essere diventata una terribile colpa essere dei geni. Scorrendo gli almanacchi della musica, del calcio, del tennis o del pugilato, passando magari per il cinema, perdiamo il conto delle premature scomparse di geni dei palchi, campi , ring o set, tanto fenomenali quanto discutibili e sregolati nelle loro vite private.

Non è mia intenzione elencarli tutti perché sarebbe necessaria una mini enciclopedia cui servirebbe un discreto tempo per essere stilata, quanto soffermarmi sul costante giudizio di massa inerente la vita di questi giganti. Però, essendo uno dei milioni di italiani affetto dalla cronica malattia per il pallone , credo che uno schiaffo all’ipocrisia verso chi
considerava Diego Armando Maradona tanto un grande esempio di campione quanto pessimo di uomo, vada dato.

Calciare una punizione che va contro ogni legge della fisica, facendo gol, in un Napoli Juventus o bersi mezza difesa dell’Inghilterra come uno shot di bourbon durante il mondiale del 1986, tanto per prendere due perle a caso del Dio del calcio Diego, fa passare in secondo piano che quel ragazzo argentino basso, senza mezzo addominale se non all’infuori, l’antitesi della figura di atleta, avesse un animo come tutti noi. O forse il tribunale del nuovo millennio, quello dello stra maledetto social network, sapeva come Maradona potesse gestire la piena consapevolezza di essere il più grande di tutti i tempi, come si sentisse dopo una partita come sempre decisa da lui, se dopo lo sport avesse quel tremendo nodo in gola di insoddisfazione personale per la sua vita privata, se aveva o meno accanto una donna che amava, se era circondato da amici che, in larga maggioranza, fosse stato uno scugnizzo dei Campi Flegrei non gli avrebbero nemmeno rivolto la parola, o se semplicemente non fosse mai o quasi stato felice. Cocaina e alcool sono sempre stati compagni fedeli e letali di quei musicisti morti a 27 anni, tanti da formare il famigerato e triste “club dei 27” e spesso anche di calciatori fenomenali, uno su tutti George Best, morto lo stesso giorno di Diego nel lontano 2005, quando da un letto d’ospedale di Londra disse ai giovani: “ Non morite come me”. La materia e l’anima non sono due cose che viaggiano su binari paralleli e certamente droghe o alcool non sono pozioni magiche per combattere disagi e depressioni, ma semplicemente rifugi in cui spesso anime troppo profonde e sensibili cadono per non pensare. Pensare fa bene, pensare troppo è molto spesso una rovina: perché fama, soldi, donne e successo aiutano tanto a sorridere, ma non è detto che bastino a non farti mai incontrare quel male oscuro che è l’enorme senso di vuoto costante, che a tanti personaggi di successo e non a tutti per fortuna, si è come tatuato sulla pelle. Chiedere di capire questo punto di vista sarebbe cosa buona e giusta ma non ho questa pretesa, in un mondo dove è sempre più complesso comprendere un’idea diversa dalla nostra. Dopo aver ammesso le mie modeste pretese, in conclusione, prendo in prestito una frase bellissima scritta da non so chi: “Per andare d’accordo non servono le stesse idee, ma lo stesso rispetto”. Rispettate Diego, rispettate le anime tormentate.

Impostazioni privacy