Pietro Genovese, perchè i legali non hanno chiesto la revoca della misura cautelare

A seguito delle dichiarazioni di Pietro Genovese rilasciate davanti al gip nell’ultimo interrogatorio, la difesa del ragazzo ha scelto di non avanzare alcuna richiesta di revoca della misura cautelare.

Paolo e Pietro Genovese

Si sono aggiunti giusto qualche ora fa nuovi sviluppi in merito alla tragedia che ha visto coinvolte Gaia e Camilla, le due ragazze romane travolte dal suv di Pietro Genovese (figlio nel noto regista e sceneggiatore) accusato di duplice omicidio stradale e al momento agli arresti domiciliari in via precauzionale.

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La mancata richiesta di revoca degli arresti domiciliari

Nel corso dell’interrogatorio avvenuto oggi (e durato circa un’ora) davanti al gip, infatti, il ragazzo si è dichiarato “sconvolto e devastato” per la morte delle ragazzine, falciate dalla sua auto nei pressi di un incrocio a Corso Francia. Oltre al fatto che il 20enne continua a dichiarare fermamente di essere passato con il verde.

Durate l’atto istruttorio, Genovese ha ricostruito la sua serata, trascorsa tra il 21 e il 22 dicembre, poco prima dell’impatto con i corpi di Gaia e Camilla. Il giovane, che ha risposto a tutte le domande, è stato confermato dai suoi legali come tutto fuorché un assassino, o un killer – a discapito di quello che, a detta loro, i media stanno pubblicamente mostrando.

In questo senso, allora, risulta senz’altro emblematica la strategia della difesa, che non ha chiesto la revoca della misura cautelare applicata al loro assistito. Le domande, a questo punto, sorgono spontanee.

Se Pietro Genovese è realmente “innocente”, non è un assassino, ed è passato col verde – e, a questo punto, mettendo anche da parte la questione del tasso alcolemico oltre il consentito, la velocità sopra i limiti e i test positivi alla droga – come mai non è stata avanzata un’istanza di attenuazione? E anzi, come espressamente comunciato dai penalisti, perché solo forse si rifletterà su di “un eventuale ricorso al Riesame”?

Le strategie della difesa di Genovese: due ipotesi

Una prima ipotesi che si potrebbe sollevare analizzando il comportamento dei difensori di Pietro Genovese è quella legata all’eventualità di una condanna. Infatti, c’è da tenere in considerazione il fatto che gli arresti domiciliari potrebbero essere scontati dal 20enne anche nel caso in cui venisse ritenuto colpevole del duplice omicidio stradale.

Per tale ragione, avanzare ora la richiesta di libertà (con l’obbligo di firma) per il figlio del regista, sempre nel caso in cui venisse confermata la condanna, non permetterebbe al ragazzo alcuno sconto di pena in seguito alla decisione del gip.

Una seconda ipotesi, invece, valuterebbe la strategia della difesa di Genovese in maniera sicuramente meno “tecnica”, quanto piuttosto punterebbe sull’immagine stessa che il ragazzo vuole mantenere – soprattutto davanti al caos mediato che è uscito fuori per via della tragedia.

Il 20enne, in effetti, che tra l’altro si è già dichiarato “sconvolto e devastato per quello che è successo“, si porrebbe agli occhi dell’opinione pubblica come consapevole del dramma e della propria condotta, ammettendo in questo senso di essere estremamente mortificato, costernato e contrito per aver spezzato, in una tragica fatalità di una notte, la vita a due giovani e ingenue 16enni che attraversavano la strada.

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