L’Iran si tira fuori dall’accordo nucleare del 2015

Dopo l’uccisione del comandante Qassem Soleimani, l’Iran non rispetterà più nessuno degli impegni presi con l’accordo del 2015 sullo sviluppo del nucleare.

L’Iran si tira fuori dagli impegni presi con l’accordo sul nucleare del 2015. L’annuncio è stato dato dalla Tv iraniana, secondo cui Teheran si ritiene svincolata da tutti i vincoli imposti dall’accordo del 2015 per quanto riguarda il numero di centrifughe impiegate, ma resta aperta alle ispezioni dell’ Aiea “come prima”.

Fra le altre cose, l’accordo del 2015 prevede un limite al numero di centrifughe impiegabili per la produzione dell’uranio arricchito. Un limite, questo, che significa accelerare la produzione dell’elemento che è anche alla base della produzione di testate atomiche.

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Teheran, come risposta all’uccisione di Qassem Soleimani, è stato quello, dunque, del nucleare e del programma di disimpegno dagli obblighi internazionali già iniziato. Abbas Mousavi, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, aveva confermato, in un intervento definitivo, che: “Riguardo la quinta fase, la decisione era già stata presa, ma considerando l’attuale situazione, saranno fatte alcune modifiche, in un importante incontro questa sera”.

La tensione in Medioriente è sempre più forte. Il Parlamento di Baghdad si è riunito e ha iniziato il pressing sul governo per il ritiro delle truppe straniere per decidere le proprie mosse. Durante la sessione straordinaria, trasmessa in diretta sulla televisione di Stato e alla presenza del premier dimissionario Adel Abdul-Mahdi, i deputati hanno approvato una risoluzione che “obbliga il governo a preservare la sovranità del Paese ritirando la sua richiesta di aiuto”.

In particolare, poi, Iran e Iraq hanno chiesto l’intervento dell’Onu contro la decisione americana. Il numero uno, Hassan Nasrallah, ha espresso il proprio giudizio sull’uccisione del comandante iraniano, assassinio che aprirà una nuova fase nell regione, invitando l’Iraq a liberarsi da quella fase che definisce “l’occupazione”Usa.

Dal canto suo, Trump ha alzato il tiro e ai pasdaran che minacciano di colpire ben “35 obiettivi americani”, ha replicato con una serie di tweet e ha contrattaccato dicendo che gli Usa possono colpire 52 siti iraniani, tanti quanti gli ostaggi che furono sequestrati dell’ambasciata Usa a Teheran.

“L’Iran – ha cinguettato Donald Trump – sta parlando in modo molto audace di colpire alcuni beni statunitensi come vendetta per aver liberato il mondo del loro leader terrorista che aveva appena ucciso un americano e ferito gravemente molti altri, per non parlare di tutte le persone che aveva ucciso durante la sua vita, incluso di recente centinaia di manifestanti iraniani.  Stava già attaccando la nostra ambasciata e si stava preparando per ulteriori colpi in altre località”.

“L’Iran – prosegue il presidente americano – non è stato altro che problemi per molti anni. Che questo serva da avviso che se l’Iran colpisce qualche americano o beni americani, abbiamo nel mirino 52 siti iraniani (che rappresentano i 52 ostaggi americani presi dall’Iran molti anni fa), alcuni ad un livello molto alto e importante per l’Iran e la cultura iraniana, e quegli obiettivi e l’Iran stesso, saranno colpiti molto velocemente e molto duramente. Gli Stati Uniti non vogliono più minacce!”.

Il comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Ghulam Ali Abu Hamza, ha invece sentenziato: “Gli Stati Uniti e Israele devono vivere in uno stato di terrore costante dopo l’uccisione del martire Soleimani”, segnalando tra gli obiettivi lo Stretto di Hormuz “dove passano decine di navi da guerra americane”, il Golfo di Oman e il Golfo Persico.

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