Silenzio Italia sulla crisi Usa-Iran, Conte: “violenza genera violenza”

Il premier Conte dice la sua sulla crisi fra Usa e Iran. E non manca di polemizzare con chi accusa l’Italia di essere troppo ‘neutrale’ sul tema.

Giuseppe Conte e il ‘silenzio’ dell’Italia sulla crisi Usa-Iran

Non si fermano i venti di guerra sull’asse Iraq-Usa-Iran, e il premier Conte ha deciso di parlare, anche perchè da troppe parti lo accusavano, insieme al suo esecutivo, di non avere ancora preso una posizione sulla vicenda mediorentale. “La cautela in una situazione come questa è d’obbligo – ha detto Conte in questo momento tutta la nostra attenzione deve essere concentrata ad evitare un’ulteriore escalation, che rischierebbe di superare un punto di non ritorno. Per conseguire questo obiettivo è prioritario promuovere un’azione europea forte e coesa per richiamare tutti a moderazione e responsabilità”

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Il silenzio, a detta di molti, potrebbe significare un sostegno ‘non detto’ alla politica di Trump: “non ho cambiato le mie idee – risponde il premier – dire che sono un trasformista è sbagliato. Mi riconosco invece nel ‘populismo gentile’. Il governo con Salvini ha incanalato rabbia e evitato derive pericolose, mi ha deluso perchè non ha compreso le esigenze di sicurezza dei nostri alleati». 

Crisi Usa-Iran, Conte risponde alle accuse di silenzio dell’Italia

Fra poco i funerali del comandante Soleimani, ucciso perchè ‘pericoloso’:  “Stiamo parlando di vicende delicate e complesse che, per essere valutate a pieno, richiedono anche informazioni di intelligence decisive per pesare tutti gli elementi – la risposta del premierSalvini accusa il silenzio italiano ma Conte non ne vuole parlare. “non voglio mischiare in politica estera le polemiche di politica interna. Preferisco lavorare con impegno e serietà per favorire una de-escalation. Ho sentito poco fa il Presidente iracheno Salih, parlerò presto con la Cancelliera Merkel e continuerò a mantenere in queste ore i contatti con tutti i principali leader».

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C’è chi, come l’ex premier D’Alema suggerisce all’Italia di promuovere una missione Ue sul campo. “L’Italia è già presente in Iraq nel quadro della coalizione antiterrorismo – spiega Conte – Non c’è dubbio che in questa fase l’Ue possa avere un ruolo strategico ed è necessario delineare rapidamente modalità con cui svolgere questo ruolo capitalizzando il valore aggiunto che l’Europa può dare rispetto ad altri attori. Al momento la priorità va, come detto, a favorire un abbassamento della tensione attraverso i canali della diplomazia”. Conte e i rapporti politici con Trump, nonostante la sinistra al governo. “La profondità e l’ampiezza delle nostre storiche relazioni con gli Stati Uniti – replica il premier – nei loro diversi profili politico, economico, ma anche culturale e umano, sono tali da prescindere dai rapporti tra singole forze politiche. Anche se naturalmente le relazioni, anche personali, fra le rispettive leadership possono avere il loro peso. Di certo nel governo c’è piena condivisione dell’assoluta centralità del rapporto transatlantico, come dimostra ad esempio la presenza del ministro Guerini al mio fianco al vertice Nato di Londra dello scorso dicembre”.

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Sono ancora molti i militari presenti nelle zone di guerra. “Siamo preoccupati ma soprattutto vigili – afferma Conte -Stiamo facendo e faremo il possibile per garantire la sicurezza dei nostri militari, in raccordo con alleati e partner. Ricordiamo che le nostre truppe sono nella regione per svolgere una funzione essenziale di sostegno alle autorità locali nel contrasto al terrorismo e alla violenza e questa è un’attività di cui rivendichiamo non solo la concretezza ed efficacia ma anche la piena linearità e coerenza con i nostri valori».

La vicenda libica è strettamente connessa a quella mediorientale. Anche in questo caso l’Italia è stata accusata di tenere una linea troppo vaga tra i due contendenti libici.  “Nessuna vaghezza, solo coerenza – la pronta risposta di Conte – Dal primo giorno abbiamo detto che l’offensiva su Tripoli avrebbe solo generato altra violenza e non avrebbe mai condotto a una soluzione sostenibile. Siamo stati, purtroppo, dei buoni profeti.

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A maggior ragione non crediamo che ora intervenire militarmente a favore dell’una o dell’altra parte possa contribuire alla stabilità”. Oggi più che mai investiamo tutto il nostro capitale su una soluzione politica, in particolare sostenendo gli sforzi delle Nazioni Unite e, adesso, della Germania nella preparazione della Conferenza di Berlino. Non ci sono altre strade per la pace” – conclude il premier.

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