Khalifa Haftar ha lasciato Mosca senza firmare l’accordo di cessate il fuoco con il governo di accordo nazionale (GNA) guidato da Fayez al-Sarraj. Il suo ‘nemico’ lo aveva firmato.
Khalifa Haftar lascia Mosca con un nulla di fatto, ma l’impressione è che la sua decisione di non firmare l’accordo per il cessate il fuoco in Libia, sia stato preso solo per prendere tempo, per valutare i pro e i contro di una mediazione che è stata già approvata da Al Sarraj e Al Mishri. “Così com’è l’accordo non lo firmiamo” – le prime parole di Haftar.
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Khalifa Haftar riparte da Mosca nella notte lasciando dunque aperta la questione del cessate il fuoco in Libia a cui invece aveva aderito ieri pomeriggio il Governo di accordo nazionale in base all’intesa patrocinata da Turchia e Russia. Il Generale aveva preso tempo sino a stamane per valutare e meglio comprendere le condizioni, poi il silenzio e la partenza improvvisa. Il generale “giudica positivamente la bozza di accordo ma vuole più tempo per esaminarla, sino a domani mattina” (oggi), ha dichiarato il ministro degli Esteri Serghei Lavrov.
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“Non ci sarà alcuna firma sull’accordo di Mosca per diversi motivi – fanno sapere fonti vicine al generale Haftar – il più importante dei quali è l’intenzione della Turchia di sfruttarlo imponendosi attraverso esso come attore di riferimento in Libia per legittimare i due memorandum d’intesa firmati con il Presidente del Gna. Al contempo non è accettabile il riconoscimento implicito del parlamento parallelo di Tripoli (Consiglio di Stato) come nuovo organo in conflitto con il parlamento legittimo di Tobruk, oltre alla frammentazione delle forze armate”.
Haftar e i sette punti del diniego
Alle parti era stato sottoposto un accordo in sette punti: mantenere incondizionatamente il cessate il fuoco; normalizzare la vita a Tripoli e nelle altre città libiche e procedere a una de-escalation militare; assicurare l’accesso e la distribuzione di aiuti umanitari; formare una commissione militare 5+5 come previsto dal piano d’azione della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil); designare rappresentanti che partecipino al dialogo economico, militare e politico promosso dall’inviato Onu Ghassan Salamé; formare gruppi di lavoro per individuare soluzioni politiche intra-libica; tenere il primo incontro dei gruppi entro gennaio 2020.
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Ma il generale Haftar non ci sta. “Abbiamo intenzione di liberare tutta la Libia da milizie e gruppi terroristici. Non arretriamo di un passo”. Posizione agli antipodi rispetto a quelle di Turchia e Russia, secondo le quali ad Haftar e al suo esercito dovrebbero competere la sicurezza dei pozzi petroliferi e le attività di antiterrorismo.