Ha ucciso il figlio di 5 anni, assolto: “Me l’ha detto Dio di farlo”

Besart Imeri è stato assolto dalla Corte d’Appello di Ancona. Due anni fa uccise il figlio di 5 anni, soffocandolo. Secondo i giudici non era in grado di intendere e di volere.

Besart Imeri con il figlio Hamid

Hamid Imeri aveva cinque anni, oggi ne avrebbe avuti sette. Due anni fa, proprio durante le vacanze di Natale, è stato ucciso dal padre Besart, operaio macedone di 27 anni. Che ieri è stato assolto per quel reato: era – secondo i giudici – “affetto da delirio mistico-religioso”. La tragica vicenda inizia con l’orribile morte del piccolo Hamid: bambino “allegro e giocherellone”, come lo descrivevano le maestre della scuola d’infanzia «Corrado Corradi» di Cupramontana, in provincia di Ancona, il paese dove si è consumata la tragedia.

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Besart Imeri, quel giorno di due anni fa, ha preso con se il figlio per uscire. Sono saliti in auto, per non andare da nessuna parte. L’uomo, tappando il naso e la bocca del bambino, lo ha soffocato. Poi è entrato in casa a chiedere aiuto. La sera stessa la confessione, davanti ai carabinieri: “Sono stato io, me l’ha ordinato una forza soprannaturale”. Era in cura per problemi di salute mentale, Besart. Aveva da poco perso il lavoro, la giovane moglie era nuovamente incinta: il giovane macedone soffriva di una forma di depressione, aggravata da deliri mistico-religiosi.

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Nel processo di primo grado Besart è stato condannato a 12 anni di carcere con l’attenuante della semi infermità mentale. Ora la decisione del Tribunale d’Appello di Ancona: assolto. Secondo i giudici era incapace di intendere e di volere: hanno accolto in pieno i risultati della perizia eseguita dallo psichiatra Renato Ariatti e hanno deciso che il giovane dovrà trascorrere 10 anni in una struttura protetta perché socialmente pericoloso. La sentenza di primo grado aveva riconosciuto la sola seminfermità mentale dell’imputato, dopo la perizia disposta dal magistra o ed eseguita da una psichiatra. Per il perito di parte, però, Imeri presentava una totale incapacità di intendere e volere: da qui la scelta del difensore dell’ex operaio di ricorrere in appello, dove è stata accolta la sua tesi.

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