Salerno, lascia l’Università dopo due esami. Daniela Piscione si lancia nel vuoto

Un giallo che non riesce a trovare una spiegazione, prima, e una soluzione, poi. All’Università di Salerno si susseguono le tragedie e, come nella trama di un film horror, hanno tutte la stessa trama. Succede a Fisciano, all’Unisa.

Se non fosse tutto tristemente vero, verrebbe da pensare ad un giallo di Stephen King. Esiste a Fisciano (Salerno), un’Università in cui i ragazzi si uccidono, e la maggior parte delle volte lo fanno buttandosi dal parcheggio multi piano. L’ultima vittima di quella che sembra una maledizione è Daniela Piscione, 30 anni. E’ salita al quarto piano del parcheggio e si è lanciata nel vuoto. La giovane è morta sul colpo. Il suo corpo è stato prima sbalzato sopra una pensilina e poi è caduto violentemente a terra. A rendere ancora più veloce la caduta, secondo i poliziotti della Scientifica che hanno eseguito i rilievi del caso, sarebbe stata la sua robusta costituzione, quel fisico che non accettava potrebbe essere l’origine del drammatico gesto.

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Daniela dal 2012 non aveva più rinnovato l’iscrizione alla facoltà di Medicina a causa di alcuni problemi di salute. Prima di arrivare all’Unisa, aveva studiato all’università di Bologna, ma dopo due esami aveva abbandonato. Chi la conosceva ha parlato di una ragazza introversa che cercava di mitigare i suoi problemi con l’utilizzo di alcuni farmaci.
Le persone che per prima l’hanno soccorsa hanno ritrovato tra i suoi oggetti, un cellulare di vecchia generazione a dimostrazione che la giovane non era attiva sui social e non aveva profili su Facebook o Instagram. La ragazza pare avesse già tentato in passato di togliersi la vita, ma era stata salvata.

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Unisa, la casa degli orrori?

Sono già stati cinque i casi tra suicidi e tentati suicidi di studenti iscritti nelle diverse facoltà dell’Ateneo. “Un dolore immenso” – si è limitato a dire il rettore Vincenzo Loia. E tutti avvenuti nell’arco degli ultimi due anni. Ad aprire la drammatica sequenza di morti Gianluca C., gli inquirenti non hanno mai voluto rendere noto il suo cognome. Era iscritto alla facoltà di Ingegneria informatica e si lanciò dalla tromba delle scale della Biblioteca scientifica. Un suicidio che resta ancora senza un perché: prima di recarsi all’ Università aveva fatto una visita medico specialistica, di routine, per un disturbo dislessico. Il 7 dicembre dello stesso anno a perdere la vita fu un 21enne marocchino che si è lanciato dallo stesso multipiano di Daniela: era iscritto a Matematica e poco prima aveva avuto un violento litigio con la fidanzata alla quale aveva dato uno schiaffo. Terzo suicidio il 1 maggio del 2019: Eva Della Calce aveva solo 25 anni. Si uccise con tre coltellate, due all’addome ed uno alla gola. Si sarebbe laureata a breve in Medicina. Anche in questo caso un gesto inspiegabile.

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È andata invece meglio ad un ventenne greco che il 2 maggio del 2018 legò la cinghia dell’accappatoio alla ringhiera della sua residenza universitaria e tentò di lanciarsi nel vuoto, la stoffa non resse e lui cadde, procurandosi solo ferite gravi. Il 15 novembre dello stesso anno una studentessa valdianese di vent’anni, mentre era con delle sue amiche in una residenza del Campus, è precipitata dal balcone: si è salvata ma è ancora giallo su quanto accaduto in quella casa.

La lettera di una studentessa

Il dolore e la rassegnazione degli altri studenti dell’Unisa

Dolore e preoccupazione tra i ragazzi all’interno dell’università. “Dicono sia caduta”; “Come può essere possibile cadere dal multipiano?”. Ma dicono anche: “sarà l’ennesimo suicidio”. Una ragazza ha appena perso la sua vita, lì nel luogo dove molti giovani affidano il proprio futuro e dove, purtroppo, non è una novità sentire notizie simili. “c’è qualcosa di fondo che non va”. A tal proposito, il Rettore Vincenzo Loia, si esprime sull’importanza di comprendere che, i giovani, non affidano all’università soltanto la necessità di imparare, ma anche la propria vita e la crescita personale. “Il fuoco ora non deve essere, necessariamente, capire le motivazioni che hanno spinto la ragazza ad un gesto così forte – ha detto il rettore – molti si sono posti questa domanda facendo emergere così il primo limite davanti al quale ognuno si trova nel momento in cui è chiamato a riflettere: non riuscire a comprendere. Per lei ora è giusto preservare rispetto e silenzio, ciò che deve richiamare l’attenzione sono i pensieri di coetanei, professori e colleghi, nell’apprendere che una notizia così non sarà l’ultima, come non è stata la prima”. A meno che non si faccia qualcosa per prevenire le tragedie ormai annunciate.

 

 

 

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