Bari, settecento anni di carcere inflitti alle cosche mafiose

E’ la sentenza per 91 dei 104 imputati coinvolti nel processo “Pandora”. Erano stati arrestati nel 2018 in un blitz dei carabinieri. E’ il processo più complesso mai effettuato in Italia in videoconferenza.

Una maxi condanna, per oltre settecento anni di carcere complessivi: il gip di Bari ha emesso le sentenze per gli imputati nel processo “Pandora”, che va a colpire i clan Diomede – Mercante e Capriati, attivi per anni nel barese. Gli arresti risalgono al giugno del 2018: una vasta operazione dei Carabinieri andò di fatto a decapitare le organizzazioni criminali implicate  in diversi affari illeciti nell’area intorno a Bari.

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Il processo, effettuato con rito abbreviato, ha coinvolto 91 imputati sui 104 arrestati in totale nell’operazione delle forze dell’ordine: per gli altri 13 è tuttora in corso un procedimento con rito ordinario. Nella sentenza, emessa nell’aula bunker del carcere di Trani, 51 imputati sono stati riconosciuti come membri del clan Diomede-Mercante, 36 invece del clan Capriati. Vari i reati: associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e violazioni della sorveglianza speciale. Diversificate anche le pene comminate, che vanno da un minimo di 4 anni e 6 mesi a un massimo di 11 anni e 4 mesi. La pena più dura è stata inflitta a Nicola Diomede, Domenico Conte e Gioacchino Baldassarre, riconosciuti come i capi delle due organizzazioni criminali.

L’ indagine, portata avanti dal ROS dei carabinieri e diretta dalla DDA di Bari ha portato all’evidenza dei giudici che le due cosche avevano “una struttura gerarchizzata in cui delineati i ruoli e i compiti degli affiliati, dall’imposizione di rigide regole interne e del connesso rispetto delle gerarchie, dal controllo militare del territorio – coincidente totalmente o parzialmente con quello dei quartieri del centro abitato di Bari in cui promosse le attività illecite e dall’operatività delle articolazioni presenti in vari comuni della provincia di Bari”.  Le due organizzazioni criminali, inoltre, utilizzavano “rituali camorristici di affiliazione promossi, diretti ed organizzati dai loro componenti attraverso le cerimonie liturgiche del “battesimo”, con il quale viene conferita la “personalità mafiosa” necessaria per agire nell’ambito
del consorzio con pienezza di diritti e doveri”. 

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Due organizzazioni mafiose in tutto e per tutto, che come tali agivano tra Bari, Bitonto, San Severo, Altamura, Gravina, Valenzano, Triggiano e il Nord Barese, con collegamenti e legami con altre organizzazioni criminali pugliesi e non solo. Una curiosità: il processo Pandora è trattato il più complesso mai celebrato in Italia interamente in videoconferenza. Sono infatti stati decine i collegamenti con altrettanti istituti penitenziari.

 

 

 

 

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