“Non è stato un suicidio”: dopo 25 anni il figlio del maresciallo Lombardo riapre il caso

Una storia ancora non del tutto chiarita, quella del maresciallo Antonino Lombardo, trovato morto nella sua auto, nel marzo 1995, all’interno della caserma dei Carabinieri ‘Bonsignore’ di Palermo. Ufficialmente morte per suicidio, si disse: ma dopo 25 anni il figlio riapre il caso.

Una foto del maresciallo dei ROS Antonino Lombardo, morto suicida il 4 marzo del 1995

Le fotografie del padre con la testa spappolata e la pistola tra le dita, che sfiora il grembo: sono le foto che dopo 25 anni il figlio del carabiniere Antonino Lombardo mostra pubblicamente, in un lungo video su Facebook. Raccontando la sua verità, e di fatto ponendo molti dubbi sulla ricostruzione ufficiale dei fatti. Si disse che fu un suicidio, quello del maresciallo Lombardo: fu ritrovato con la testa spappolata da un colpo di pistola e l’arma stretta in mano. Lasciò una lettera, in cui spiegava i motivi del gesto: «Mi sono ucciso per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita» scrisse, tra le altre cose. Ma il figlio, Fabio, non ha creduto mai alla versione del suicidio: a poche settimane dal 25 anniversario della morte del padre, il 4 marzo, ha deciso di mostrare quelle foto, e provare a far chiarezza.

Parla ad esempio di una “borsa sparita”, Fabio Lombardo. Che  conteneva “documenti importanti sulla trasferta negli Usa” con il boss Gaetano Badalamenti. Si sofferma su alcune “stranezze”: una pistola impugnata in modo anomalo, un’ogiva “probabilmente falsa”, “uno sparo non sentito” e una lettera d’addio “messa in auto solo dopo lo sparo, sul lato passeggeri”. Insomma, una serie di particolari che fanno riferimento più ad un mistero non risolto, che ad un caso chiuso. Il mistero della morte del maresciallo Antonino Lombardo, il sottufficiale del Ros trovato con la testa insanguinata nella sua auto, nel marzo 1995, all’interno della caserma dei Carabinieri ‘Bonsignore’ di Palermo.

Fabio Lombardo guarda una immagine del padre

Quello di Fabio Lombardo è un vero e proprio attacco: in particolare contro quella che lui stesso definisce “un’antimafia parolaia che è peggio della mafia“. Ma non solo: se la prende anche con gli inquirenti che si occuparono del caso mai risolto.Un uomo stanco “di cercare verità sulla morte di mio padre. Nel video piange, Fabio, e non nasconde la sua rabbia e la sua frustrazione. Inizia quindi ad elencare  “tutte le lacune” di una vicenda ancora piena di misteri. A partire dal “buco tra le 20.30 e le 22.30 della sera del 4 marzo 1995”. Quando Lombardo venne trovato senza vita nella sua auto.

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Alcuni militari dell’Arma interrogati dicono di non avere sentito alcuno sparo, “pur stando molto vicini all’auto”. Chi, invece, ha sentito quello sparo è il ‘capitano Ultimo‘, il colonnello Sergio De Caprio, l’uomo che due anni prima aveva arrestato il boss mafioso Totò Riina. “Alle 22.30 il capitano De Caprio sente un colpo secco e guardando avanti vede dei militari e chiede se gli è scappato un colpo. Loro lo guardano e dicono ‘ma noi non abbiamo sentito niente'” racconta Lombardo. “Un brigadiere dice a De Caprio che c’è una persona in auto che si sente male. E si è allontanato. Avvisano il centralino e vengono avvisati gli ufficiali vari” aggiunge Fabio Lombardo. Ma le testimonianze di quella drammatica sera non sono soltanto queste: c’era un militare in servizio che rilascia una strana dichiarazione: “Escludo di avere visto il maresciallo Lombardo né in entrata né in uscita”. Qui il racconto di Fabio Lombardo si fa più intenso: “Un sottotenente, capo di picchetto al Battaglione Sicilia, dice di non avere visto il maresciallo Lombardo, anche perché non lo conosceva. Inoltre non ha neppure sentito esplodere un colpo di arma da fuoco. L’unico che sente un colpo di arma da fuoco secco è De Caprio. Come fa il sottotenente a non sentire a 30 m di distanza il colpo mentre De Caprio che era a 70 metri di distanza lo sente?”. “Nessuno ha visto entrare mio padre, un fantasma insomma- continua ad argomentare Fabio – C’è un vuoto dalle 20.30 alle 22.30″. Un altro mistero a cui il figlio del maresciallo fa riferimento nel video è quello della borsa scomparsa. “Si è sempre parlato della borsa di Borsellino e dell’agenda sparita o della borsa di Dalla Chiesa, ma mai della borsa scomparsa di mio padre” spiega Lombardo. “All’interno di quella borsa – aggiunge  – c’erano documenti su indagini e documenti sugli Stati Uniti”. Il maresciallo Lombardo si era recato più volte negli Usa, per incontrare il boss Gaetano Badalamenti, che era pronto a raccontare la sua verità su molti misteri di Cosa nostra.

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Poi, le foto: quelle del cadavere del padre, morto con un colpo di pistola alla testa. Sangue sulla testa ma anche sulle mani. E poi la lettera d’addio, altro mistero: “Mi uccido per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita…” scrisse il maresciallo Lombardo. O forse no: “Quella lettera viene levata e appoggiata sul sedile anteriore passeggero – spiega ancora Fabio Lombardo. “Questa lettera non mostra nessuna macchia di sangue, mentre mio padre è pieno di sangue. Accanto alla lettera ci sono tracce di sangue ovunque, ma non sulla lettera. Come mai?”.

La lettera lasciata dal maresciallo Lombardo ed acquisita come prova

Una lettera che verrà consegnata al figlio del maresciallo solo dopo anni:  “Quando solo nel 2012 mi viene consegnata la lettera perché non era più utile alle indagini, stranamente ci sono macchie di sangue…”. “E c’è un’altra stranezza – aggiunge – le macchie di sangue sono entrate sotto il sedile. Sarò stupido ma penso che questa lettera è stata presa letta da qualcuno”. Una lettera sulla quale non si è indagato a fondo, secondo lui: “Non è mai stata fatta una perizia calligrafica e non si sa perché, non so come hanno lavorato. Hanno lavorato coi piedi, forse un bambino di 10 anni avrebbe lavorato meglio del pm che ha fatto brutta figura”.

La lettera così come fu rinvenuta in macchina, mostrata nella foto da Fabio Lombardo

Va avanti, il racconto di Fabio Lombardo: “Un’altra cosa che mi è sembrata strana, forse tra le più strane è quella pistola ancora impugnata e appoggiata sul bacino. Sembra un caso più unico che raro come in un film hollywoodiano. Mio padre tiene ancora stretta, in pugno, la pistola come fosse vivo. Mi hanno detto che quando ti spari alla tempia il braccio dovrebbe cadere perpendicolarmente, ma mai appoggiata sul grembo”. E ancora: c’è il mistero dell’ogiva: “L’ogiva dalle perizie balistiche viene trovata a sei metri di distanza dall’auto – spiega – Il proiettile viene trovato quasi dietro l’auto, forse c’era vento forte di scirocco… Ma mi chiedo che giro fa il proiettile? Mah”. “Dopo che il proiettile attraversa il cranio – aggiunge – dovrebbe presentarsi con la punta deformata e i solchi della canna. Quando ho visto la foto sono saltato in aria e ho chiesto al mio perito balistico. E lui mi ha detto ‘molto probabilmente non è l’ogiva entrata e uscita dalla testa di tuo padre’ perché a suo avviso ‘sembra un’ogiva tolta dal caricatore e messa a terra’”.

Dopo essersi scagliato contro il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e l’ex sindaco di Terrasini, Manlio Mele, Fabio Lombardo prosegue: Qua di suicidio c’è ben poco. Vengono aperti tutti i cold case e non questo. Perché tutti quelli che parlano della morte del maresciallo Lombardo si defilano? Dove stava arrivando mio padre?”. Un elemento decisivo in questa misteriosa storia è quello del viaggio negli Stati Uniti, da dove – anche grazie al maresciallo Lombardo – avrebbe dovuto rientrare in Italia il boss Badalamenti. “E’ importante soprattutto perché dopo la seconda missione (del padre, ndr) Gaetano Badalamenti decide di venire in Sicilia – prosegue Fabio nel video – e io ricordo ancora oggi che un giorno mio padre stranamente mi abbracciò e mi disse: ‘L’importante è che restiamo una famiglia unita’ perché ‘quando arriveremo in Italia con Badalamenti ci sarà un terremoto giudiziario”.

Il boss Gaetano Badalamenti, che grazie al lavoro del maresciallo Lombardo sarebbe dovutto rientrare in Italia per testimoniare

Di cosa parlava il maresciallo Antonino Lombardo? Badalamenti non doveva arrivare in Italia – afferma il figlio del sottufficiale – e non capisco perché hanno fatto queste missioni. Se non le avessero fatte, oggi mio padre sarebbe vivo. Badalamenti in Sicilia non doveva arrivare”. Ne parlò anche con la vedova di Paolo Borsellino, Fabio. “Un giorno la chiamai, nel dicembre 2006, per invitarla alla presentazione del libro ‘Uno sparo in caserma’. Quella volta le chiesi se poteva confermare che mio padre nel 1995 la chiamò dicendo: ‘A breve le porterò la verità sulla morte di suo marito su un vassoio d’argento’. E lei mi disse: ‘Non solo è vero, ti dico di più. Così come tuo padre promise di prendere Riina, promise anche che sarebbe arrivata la verità su mio marito. Ma ora è morto’ – dice Fabio Lombardo – Siamo nel 2020 e ci sono processi sui depistaggio e sui misteri delle stragi, ma già 25 anni fa un maresciallo era arrivato alla verità”.

Alla fine, l’amara conclusione: “Sono passati 25 anni e sono 25 che prendo calci nel sedere eppure parliamo della persona che contribuì ad arrestare il boss più pericoloso di Cosa nostra. Stavamo avendo una rivoluzione giudiziaria con l’arrivo di Badalamenti e non è stato possibile, perché?”. “Io per avere giustizia sto combattendo. Ma c’è gente che non vuole arrivare mai alla verità. Il 4 marzo saranno 25 anni e la cosa più dura è non potere dire più ‘papà’. E’ molto dura”. 

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