Soros attacca Facebook, Zuckerberg si difende dall’accusa di oscurare i fatti

Il magnate George Soros chiede di rimuovere Mark Zuckerberg dal suo ruolo il ceo di Facebook, perché colpevole, a suo dire, di “oscurare i fatti” e di “essere impegnato in una sorta di accordo di assistenza reciproca con Donald Trump che lo aiuterà a essere rieletto”.

La richiesta è contenuta in una breve lettera pubblicata dal Financial Times.
Secondo Soros, Zuckerberg “dovrebbe smetterla di offuscare i fatti sostenendo con religiosa devozione di essere a favore di una regolamentazione del governo” americano sulle Big tech. “Facebook non ha bisogno di aspettare per una normativa governativa che impedisca loro di accettare ogni pubblicità politica nel 2020 fino al termine delle elezioni del 4 novembre” negli Stati uniti, continua la lettera, “se c’è un dubbio sul fatto che una pubblicità sia politica dovrebbe mantenersi cauto e rifiutare di pubblicarla. Ma è improbabile che Facebook segua questa procedura”. “Quindi – scrive Soros – ripeto la mia
proposta: Zuckerberg e Sheryl Sandberg (direttrice operativa di Fb, ndr) dovrebbero essere rimossi dal controllo di Facebook. Va da sè che io supporti una regolamentazione del governo sulle piattaforme online”.

La risposta di Facebook

E proprio ieri il numero 1 del social era a Bruxeller per incontrare i commissari europei che si occupano – appunto – di regole: Vestager, Breton e Jourova. Bruxelles inizia a fare sul serio sul digitale e, davanti alla possibilità di norme più severe, Facebook depone le ostilità.

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Così, a due anni dall’audizione su Cambridge Analytica, si dice pronto anche a subire “danni nel breve periodo” da una maggiore regolamentazione, conscio dell’importanza che la sfida rappresenta “nel lungo termine”. A partire dalla web tax, che porterebbe nelle casse europee fino al 4% in più di entrate per ogni Stato. “Le aziende tecnologiche – ha assicurato Zuckerberg dalle colonne del Financial Times – dovrebbero servire la società e pertanto sosteniamo gli sforzi dell’Ocse per creare regole fiscali globali eque per Internet”.

E se mancasse l’accordo

E, se non si dovesse trovare l’accordo internazionale osteggiato dagli Usa, Bruxelles ha promesso di agire da sola. Nella bozza del ‘white paper’ in cui mercoledì scoprirà le sue carte sull’intelligenza artificiale, l’esecutivo Ue parla chiaro: “Le compagnie che vogliono giocare in Europa devono pagare in Europa, è inaccettabile che alcune società paghino le tasse e altre no”.

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Il tono conciliante di Facebook quindi non appaga l’Ue. Perché, dice la commissaria per la Trasparenza, Vera Jourova, le Big Tech sono “parte dei problemi che esse stesse hanno contribuito a creare”. Tra cui algoritmi e trattamento dei dati personali opachi, diffusione di fake news e discorsi di odio. Su cui a Bruxelles non vogliono più transigere. “Se tutte le piattaforme che operano in Europa non rispetteranno le condizioni” per frenare l’odio e la disinformazione online, “saremo costretti a intervenire in modo più severo”, ha avvertito il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, che attende una presa di responsabilità da parte delle Big Tech “nei confronti dei cittadini e della democrazia”.

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