Coronavirus, è allarme per i medici in quarantena. Zaia: “Devono lavorare!”

Sarebbero già centinaia in Italia i medici e gli infermieri in quarantena. 250 in isolamento, secondo l’Istituto Superiore di Sanità. 450 solo in Veneto per il governatore Zaia, che chiede: “Fateli lavorare”.

Centinaia di medici ed infermieri in isolamento, o addirittura  contagiati. “Soldati” nella battaglia contro il coronavirus che sono costretti a fare un passo indietro proprio a causa del coronavirus. Sono 250 quelli in isolamento, alcuni di questi contagiati: almeno secondo i dati riportati dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanita’ Silvio Brusaferro durante il punto quotidiano della Protezione Civile sull’andamento dei casi in Italia. E di questi, secondo un’altra stima della Fimmg (la federazione dei Medici di famiglia) i medici di base nella stessa situazione sarebbero 150, in quarantena, in isolamento o ricoverati. In diverse province italiane. Nelle zone rosse in particolare crescono i numeri di medici e infermieri ospedalieri colpiti dal virus o venuti in contatto con persone infette. Ovviamente fatti oggetto anche loro delle misure di contenimento, ma proprio nel momento in cui aumentano le esigenze di cura. La situazione è emergenziale.

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Nell’attesa dell’arrivo dei nuovi assunti, previsti dal Decreto Sanità, il governatore della Regione Veneto Luca Zaia ha proposto una modifica alla norma nazionale che impone la quarantena agli operatori sanitari “in perfetta salute, che sono venuti in qualche modo a contatto con malati positivi al coronavirus”. “Abbiamo 450 tra medici e operatori della sanità che sono in isolamento fiduciario, stanno a casa, non possono lavorare e non sono positivi” ha spiegato Zaia. “Per questi ho chiesto più volte al ministro, al Governo e al presidente del Consiglio la possibilità di riconoscere e dare a loro la possibilità di lavorare. Penso e spero che questo problema si risolva, altrimenti svuotiamo il mondo della sanità dagli operatori”.

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Anche vista la difficoltà, in questo momento, di trovare chi li sostituisce. Solo per parlare dei medici di famiglia, per ognuno di loro che manca restano potenzialmente scoperti circa 1.500 cittadini, senza punti di riferimento sanitario sul territorio. Ovvero oltre 200.000 in tutta Italia, come spiega Silvestro Scotti, segretario della Federazione dei Medici di Medicina Generale (Fimmg). Secondo un monitoraggio interno alla Fimmg, quelli impossibilitati a lavorare ad oggi sono “circa un centinaio nelle tre regioni con zone rosse, ma anche una trentina in Piemonte, una quindicina nelle Marche, cinque Campania. I numeri continuano a crescere e trovare dei sostituti è sempre più difficile”. Al momentonon ci sono dati ufficiali – spiega ancora Scotti – per capire quanti medici e infermieri, in ospedale e sul territorio, siano ora infetti, in quarantena o in isolamento, ovvero quanto a lungo potremo continuare a curare italiani. Questo dato sembra non interessare a nessuno”. Il motivo è che mancano ancora le mascherine e gli occhiali e che, nonostante gli avvisi, continuano a venire negli studi medici pazienti senza chiamare prima telefonicamente, con il rischio che possano essere affetti da coronavirus”. Ma ci sarebbero le soluzioni. Sempre secondo il parere di Scotti, bisogna “sviluppare il video-consulto, la reperibilità telefonica 12 ore al giorno con l’apertura degli studi dei medici di famiglia limitata a garantire i livelli essenziali di assistenza”. E, ancora, conclude Scotti, “potrebbe esser questa l’occasione per arrivare, superando i vincoli della privacy, all’utilizzo di ricette dematerializzate, che permetta l’invio della ricetta telematica direttamente al paziente, senza la necessità della consegna di un promemoria cartaceo da consegnare in farmacia”.

Intanto il governatore Zaia ha riferito di avere scritto proprio ieri al Ministro della Salute Speranza un documento contenente le proposte di modifica alla regolamentazione vigente introdotta di recente. “Auspico che il Ministro, con il quale ho un rapporto di leale collaborazione, possa intervenire perché gli organici dei medici e di tutti gli altri operatori sanitari non vengano depauperati, pur se nel doveroso rispetto delle linee di prudenza dettate dalla scienza”. Ma la Cgil del Veneto giudica una “follia” la proposta per il rischio connesso al contagio.

 

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